Il Caffè del Professore

Il Caffè del Professore

Il Caffè del Professore

Correva l’ anno di grazia del Signore del 1985 quando, con un solo gol di scarto su palla inattiva, nella stessa porta e contro gli stessi avversari, il nostro Dio del calcio ci portava finalmente nel paradiso dei grandi e dei vincenti.

Corsi e ricorsi ci dicono che ieri, anno di grazia del Signore 2021, sempre su palla inattiva , nella stessa porta e contro gli stessi avversari si è ripetuto l’ incantesimo. Siamo stati brutti sporchi e cattivi ma soprattutto vincenti. Finalmente tutti hanno gettato il cuore oltre l’ ostacolo, le abbiamo prese ma soprattutto date, in campo abbiamo messo tutto, ma veramente tutto, quello che avevamo dentro.

In uno stadio vuoto, ma avvolto da ottantamila cuori azzurri, ancora riecheggia il vibrare del pallone che gonfia la rete avversaria sulla perfetta stoccata del generosissimo capitano ed ancora più forte continua a sentirsi l’urlo di dolore del gladiatore Lozano per allontanare un pallone, a lui che era rimasta solo la forza dell’ inerzia per restare in piedi.

Ancora negli occhi, e nei cuori di tutti, ci sono le sofferenze finali di un immenso Meret, prima spodestato e poi tornato titolare solo perché il fato ha voluto così. Non potevamo pretendere lo spettacolo che non c’è stato, ma esigevamo un senso di appartenenza, una identità, un’ anima. Tutti per uno, uno per tutti e noi con loro per quell’arcobaleno di felicità che solo il calcio sa regalare.

Ci è piaciuta la compattezza di squadra, di come i pulcini siano diventati cigni, come il ruvido Bakayoko finalmente sia sempre stato nel vivo della lotta contro tutto e tutti, sarebbe il migliore se solo riuscisse a giocare più rapidamente la palla, l’ immenso Rrahmani che non ha sbagliato un intervento sotto la sapiente regia del gigante Maksimovic, finalmente degno condottiero di tutta la difesa e sapiente regista della fase difensiva coadiuvata finalmente anche dagli ottimi esterni bassi.

Non c’è stato spettacolo ma una meravigliosa sofferenza perché frutto del sacrificio e dell’orgoglio imposto dal suo condottiero che, ormai lasciato solo da tutti, ha saputo giocare l’ unica carta vincente che gli rimaneva, quella della disperazione.

Ha finalmente abbandonato quel timore che ha caratterizzato le ultime vigilie dove si è perso prima ancora di giocare quando ha lanciato messaggi sbagliati dall’ alto del suo carattere che è il suo credo ma anche il suo limite perché si è lasciato schiacciare dalla pressione, il suo malessere verso chi lo ha scelto è palese, ma si è liberato di tutto ed ha deciso che, se doveva cadere, doveva farlo alla sua maniera, allora in campo con 4 attaccanti e via a giocarsi il tutto per tutto.

Non illudiamoci, i problemi non sono risolti ma almeno rialziamo la testa e abbiamo risistemato la classifica che si è riaccorciata nuovamente con la sconfitta del Milan. Sembra quasi che ci vogliano aspettare, è l’ ennesima occasione che ci viene concessa per rientrare nel giro che conta.

Siamo nel momento topico della stagione e questa vittoria è fondamentale per ridarci autostima dopo la nefasta sera bergamasca, solo che siamo costretti a viverlo in maniera estremamente precaria perché continuano gli infortuni muscolari.

Il loro perpetuarsi deve far riflettere su cosa non ha funzionato in sede di preparazione e cosa non funzioni ora nello staff sanitario visto che non si riesce ad arginare la deriva dei traumi muscolari e del perché il nostro Ciruzzo nazionale sia dovuto tornare in Belgio per curare una caviglia malconcia dopo che qui era stato autorizzato a giocare laddove non si reggeva ancora in piedi.

Ma queste sono storie che non ci competono ma che ci fanno riflettere. Il calcio è strano e allo stesso tempo meraviglioso, siamo, come l’ araba fenice, rinati dalle nostre ceneri. Che non sia però l’ennesima rinascita fittizia.

Tutti abbiamo creduto che quest’anno avevamo a disposizione una qualità calcistica eccelsa, forse siamo stati troppo ottimisti, stanno venendo fuori uno dopo l’altro limiti tecnici e caratteriali che inevitabilmente ci stanno ridimensionando sul campo ma non nello spirito.

L’avventura del nostro allenatore è virtualmente finita, le ipocrite dichiarazioni di facciata non incantano nessuno, ma c’è l’obbligo morale ed economico di terminare degnamente questa stagione che può e deve dire ancora tanto, lo stadio continua ad essere vuoto ma il nostro boato è sempre più forte .

Salvatore Sabella

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