Nelle ultime settimane, un argomento che sta creando scalpore nel mondo calcistico e non solo, è la norma “salva-calcio”. Tale norma, riguarda il provvedimento in favore di società e associazioni sportive che si trovano a dover effettuare il versamento di IVA, ritenute e contributi, sospesi da gennaio a causa del COVID. I pagamenti di IVA e ritenute dovranno essere effettuati entro 5 anni, in 60 rate mensili, versando però le prime tre entro il 29 dicembre 2022. Questo tipo di pagamento permetterà alle società di non avere nessuna sanzione, ma comporterà un aumento del 3%. Inizialmente, la norma salva-calcio, era inserita nel Decreto Aiuti quater, la quale prevedeva il pagamento di circa 900 milioni di euro in un’unica soluzione, da versare entro il 22 dicembre 2022. Successivamente, vista l’impossibilità delle società di pagare i debiti tempestivamente, tale norma è stata inserita nella Legge di Bilancio 2023, che permette appunto di facilitare i pagamenti attraverso la rateizzazione.
Società con maggiori debiti
I club calcistici dovrebbero pagare di tasse allo Stato mezzo miliardo di euro. Le big di Serie A dovrebbero versare il seguente pagamento:
Inter 50 milioni
Lazio 40 milioni
Roma 38 milioni
Juventus 30 milioni
Napoli 25 milioni
Fiorentina 15 milioni
Milan 10 milioni
L’ispiratore della norma salva-calcio
Tutto ciò, è avvenuto grazie alla firma del Presidente della Lazio e senatore di Forza Italia, Claudio Lotito, ispiratore della cosiddetta norma salva-calcio. Il provvedimento ha suscitato conflitti e non sono mancate frecciatine, tant’è che Giorgia Meloni a Palazzo Chigi avrebbe suggerito ai suoi di non votarlo. A ritirare il loro appoggio sono stati il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il ministro dello Sport, Andrea Abodi. A nulla è servito però tale schieramento, visto che l’emendamento è stato poi approvato dal Bilancio della Camera e quindi inserito nella Legge Finanziaria. Una sconfitta quindi per i due ministri e un dietrofront di Giorgia Meloni.
Norma salva-calcio: le conseguenze
Se è vero che la norma salva-calcio abbia portato beneficio alle società, è anche vero che rappresenta un’arma a doppio taglio. Infatti, i club se dovessero saltare anche una sola rata, perderebbero il giovamento della rateizzazione e andrebbero incontro a gravi sanzioni economiche. Per lo Stato, invece, l’approvazione della norma ha causato un mancato introito immediato per le casse dello Stato di ben 889 milioni di euro, mentre la mora del 3% si tradurrà in un valore di circa 27 milioni di euro a beneficio delle casse erariali.
Una società di Serie A furiosa
L’unica società a non essere contenta di tale norma, è la Fiorentina del presidente Rocco Commisso, che avrebbe già saldato in tempo i proprio debiti di 15 milioni di euro. Infatti, questo è quanto afferma La Nazione: “Il disappunto nella sede viola è accentuato. La Fiorentina ritiene che così facendo non sia garantita la regolarità del campionato. Avrebbe voluto che il termine di domani fosse rimasto definitivo ed avrebbe preteso pene e penalizzazioni per gli insolventi”.
Renzi contro la Meloni
Il senatore, Matteo Renzi, si è scagliato contro la norma salva-calcio e contro il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Queste le parole del senatore: “Hanno presentato la riforma della #18App che comporta l’azzeramento dei soldi per il 2023, non c’è un centesimo per #18App. Così recuperano 230 milioni di euro, cancellano i soldi per la cultura e i giovani, e dove li mettono? Li mettono per le società di Serie A, per i presidenti indebitati e spesso incapaci delle società di Serie A. Nel resto del mondo il calcio funziona coi diritti televisivi, con gli investimenti stranieri e con quelli nazionali. Qui anziché regalare emozioni, come abbiamo visto anche con Argentina-Francia. E’ il governo Meloni che regala emendamenti ai presidenti incapaci. Per chiarezza: 230 milioni di euro che erano per i giovani con #18App vengono azzerati, e nello stesso bilancio mettono 890 milioni di euro per i presidenti della Serie A. Io lo trovo uno scandalo, uno schiaffo ai giovani e uno schiaffo alla cultura, nonché una marchetta alla Serie A. E sapete perché molti media non ne parlano? Molti media hanno le società di calcio, quindi non fanno polemica contro questo scandalo del governo Meloni che ha azzerato i soldi per la cultura e li ha dati ai giocatori professionistici, o meglio ai presidenti indebitati”.
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