Napoli, pensa prima di abbandonare i tuoi tifosi
Napoli, pensa prima di abbandonare i tuoi tifosi
Il calcio a Napoli rappresenta qualcosa in più di un semplice sport: è aggregazione, passione, credo. In una città difficoltosa come quella partenopea, il gioco del pallone si è sempre classificato come uno strumento fondamentale al fine di evadere da realtà difficili e, al contempo, è riuscito a fungere come portavoce di un popolo intero.
A tal proposito va evidenziata la rilevanza e l’incisività del pubblico durante ogni match degli azzurri i quali, sin dalle origini, possono contare fermamente su questa componente. Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato: precisamente questa “rivoluzione” può essere ricondotta all’installazione di videocamere di ultima generazione all’interno dell’odierno stadio Diego Armando Maradona, il cui compito è stato quello di punire, con ingenti multe, tutti coloro che non rispettassero i propri posti oppure ostacolassero la visuale del campo durante lo sventolamento delle classiche bandiere.
Insomma, per farla breve, l’idea della società meridionale sarebbe quella di trasformare uno degli impianti più calorosi al mondo in un vero e proprio teatro. Il Napoli è riconosciuto a livello globale proprio per questa peculiarità: il tifo spassionato. Ogni qualvolta è stato proibito ai supporter partenopei di incitare i propri beniamini, quest’ultimi ne hanno risentito fortemente, collezionando risultati quasi sempre negativi.
Lo insegna la storia: che sia San Paolo o Diego Armando Maradona, l’impianto di Fuorigrotta offre come biglietto da visita un’accoglienza ad impatto per le squadre che scendono in campo. Un certo Yaya Touré, classificabile come uno dei migliori centrocampisti degli anni 2000, dopo aver disputato una gara contro il Napoli affermò: “Ho giocato in moltissimi stadi, anche più grandi di questo, ma oggi è stata la prima volta in cui mi sono tremate le gambe”.
L’evento che maggiormente può rappresentare questa rottura tra gruppi organizzati e società è riconducibile all’ammutinamento della stagione 2019/2020, al quale si è aggiunto il periodo di chiusura degli stadi legato alla diffusione del virus Covid-19. Un anno e mezzo senza assistere alle partite dal vivo, senza poter incitare la propria squadra direttamente. Il Napoli è stato sicuramente uno dei club che ne ha sofferto di più, considerando quanto visto negli ultimi anni.
Il 22 Agosto si fa finalmente ritorno a “casa”: il Diego Armando Maradona riaccoglie la sua gente e lo fa nel migliore dei modi. Una vittoria fondamentale contro il Venezia, in quanto ottenuta con un uomo in meno. A spingere i 10 di Spalletti, però, c’era il dodicesimo uomo in campo: il tifo. Di seguito la trasferta a Genova, anche quest’ultima contornata da 3 punti importanti ed uno spettacolo memorabile sugli spalti.
L’ultima gara è stata quella contro la Juve, la quale non è mai una partita come le altre. Il tifo organizzato ha volontariamente deciso di non presenziare, a testimonianza di quanto il rapporto con la società sia in fase sempre più calante. I presenti, seppur non appartenenti a gruppi ultras, hanno provato ad incitare la squadra, creando comunque un’atmosfera in grado di fare la differenza. Ovviamente i cori intonati sono quelli che, per anni ed anni, hanno tramandato proprio i collettivi storici delle curve, seppur non presenti.
Basterebbe ragionarci e chiedersi se veramente queste persone siano il male del Napoli, oppure facciano la fortuna della squadra. Il popolo ha scelto da che parte stare e, probabilmente, anche il mister e la squadra. Di questo passo quella crepa venutasi a creare diventerà una voragine, con il rischio di non poter più tornare indietro.
Renato Oliviero
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