Franco Causio: ala tornante

Franco Causio: ala tornante

Foto: Wikipedia

Protagonista indiscusso della Juventus e della nazionale per diversi anni. Inventore del ruolo di ala tornante, i suoi movimenti oltre a renderlo grande hanno fatto letteralmente impazzire tanti giocatori nel doverlo marcare.

Foto: il pallone racconta

Franco Causio godeva di due soprannomi Barone e Brazil. Barone affibbiatogli dal giornalista Fulvio Cinti per lo stile elegante adottato in campo e fuori. Movimenti fluidi in gioco e modello sempre in giacca e cravatta fuori. Brazil,invece, dal giornalista Vladimiro Caminiti per il fantasista che era ogni volta che toccava la palla.

Foto: Lecce-italiani.it

Il suo più grande merito però è quello di aver fatto del suo calcio e del suo ruolo uno stile di gioco, un modo di esprimersi, che molti hanno cercato di copiare non riuscendoci e che è rimasto nella memoria di molti tifosi. Leccese di nascita, annata 1949. Esordisce nel 64’-65’ con la squadra del Lecce. Causio si dirà molto debitore a mister Attilio Adamo che lo ha forgiato e gli ha fatto fare il salto di qualità. L’anno successivo passa alla Sanbenedettese di Alberto Eliani sempre in serie C. Qui fa un buon campionato, tanto da attirare l’attenzione di diverse squadre di serie A. Arrivano i provini. Bologna e Torino sembrano le più interessate. Causio racconterà che a scoprirlo in un’amichevole tra Sanbenedettese e Forlì fu Moggi, all’epoca dipendente delle ferrovie dello Stato e non ancora direttore sportivo della Juventus. In quella partita gioca pochi minuti, in cui però fa due goal. “Per noi basta così“ gli dicono e lo mandano nello spogliatoio. Causio ovviamente ritiene, quindi, quella una bocciatura. In realtà le cose non erano proprio come lui le aveva immaginate. Viene tolto dal campo frettolosamente per non stuzzicare il desiderio di altri osservatori e società sportive. Era quindi piaciuto e anche tanto. Tornato a San Benedetto del Tronto arriva una chiamata “ti vogliono a Torino“ gli dicono… Ovviamente Causio ha pensato al Torino visto che già si era mostrato interessato a lui, ma in realtà era stato acquistato dalla Juventus.

Foto: Calcio Lecce

Nel 1966 è nella Juventus di Herrera. Indossare a 17 anni la maglia bianconera non era da tutti. Si allena sempre con costanza e con impegno e si allena sempre con la prima squadra ma non vede ancora il campo di gioco. L’occasione arriva il 21 gennaio 68’ trasferta a Mantova. Causio racconta “eravamo in ritiro a Mantova quando un magazziniere mi disse di recarmi in camera da mister Herrera senza aggiungere altro. Corsi subito da lui, bussai alla sua porta. Entra “ragaSSo” mi disse. La camera era buia, finestre socchiuse. Una scena tenebrosa davanti a me. La fifa si faceva sentire. Herrera non era un tipo docile, anzi piuttosto severo. Alle riunioni tecniche per parlare si alzava il dito. Era un tecnico bravissimo, ma dal punto di vista della comunicazione peccava molto. Entrato mi fa: Luis del Sol è indisponibile, tocca a lei. Oggi penso sia giunto il suo momento. La fascia destra me la deve consumare.“ Gioca con la maglia numero otto, fa anche una buona prestazione, sebbene la partita finisce zero a zero. Dirà che in campo lo aiutarono tutti in particolar modo Cinesinho. Ma di aiuto e di esempio lo sono stati tutti Bercellino, Salvadore, Del Sol, Tino Castano. Di Castano conserva un ricordo particolare. Di lui dice “mi ha insegnato lo stile e l’educazione Juventus, non solo in campo, ma soprattutto fuori”. Nonostante il buon esordio di Mantova la Juventus lo ritiene ancora acerbo. Lo mandarono così in prestito un anno alla Reggina “serie B” dove segna cinque reti, poi al Palermo “serie A” qui tre le reti messe da lui a segno. A Palermo si fa conoscere a livello nazionale e sarà sempre grato a mister Di Bella per le opportunità offertegli e per un importante insegnamento, quello di giocare per la squadra e non per me stesso. Nel 1970 ritorna a Torino. La Juventus era sotto la guida di Picchi ma non trova ancora il posto da titolare. Tuttavia si dirà grato ad Armando Picchi per avergli offerto la possibilità di giocare 10 minuti contro il Milan. 10 minuti che per il regolamento di allora lo avevano reso incedibile. In quel campionato comunque segna 6 reti. Ma è nella stagione seguente, sotto il nipote di Zeman, Vycpalek che trova il meritato spazio. Gioca 11 campionati, vince 6 scudetti, 1 coppa Italia e 1 coppa UEFA. Lascia la Juventus l’anno prima dell’arrivo di Platini e Boniek, si rammaricherà molto per questo. Ma oramai non rientrava più nei progetti della Juventus dell’avvocato Agnelli e di Boniperti. Di entrambi conserva un buon ricordo. Dell’avvocato in particolare ricorda la sua grande cultura. “Lo avevo soprannominato l’Enciclopedia “ dirà in un’intervista. L’avvocato invitava spesso Boniperti di farmi tagliare i capelli, ma la risposta di Boniperti era sempre la stessa “lo lasci stare avvocato”. Lasciata la Juventus passa in un altro club bianconero l’Udinese e qui dimostra a tutti che non è finito. Lui e Zico per tre anni faranno impazzire di piacere i propri tifosi. Nell’84 passa all’Inter, poi un anno al Lecce, per accontentare ed esaudire un desiderio del padre, due stagioni poi alla Triestina. Si ritira scegliendo di vivere ad Udine. Sarà per un po’ osservatore e il commentatore per sky e alcune tv locali. Sarà lui a scoprire Del Piero. La prima convocazione in nazionale arriva quando era sotto Cestmir Vycpalek. Esordisce contro il Belgio, ma la prima rete sarà contro la Romania. Iniziano così un lungo percorso insieme. Causio diventa il numero 7 della nazionale e padrone assoluto della fascia. Gioca i mondiali del 74’, 78’ e dell’82 che vinceranno. A 33 anni è campione del mondo. Di quel mondiale tutti ricordiamo, in quel viaggio di ritorno della nazionale con l’aereo presidenziale, la partita di scopone giocata con il Presidente Pertini. Causio in coppia con Bearzot e il Presidente con Zoff. Tra Causio e il Presidente resterà una bella amicizia. Chiuderà con la nazionale il 12 febbraio 83’ in Cipro-Italia, finita 1-1. Professionista esemplare, molto attaccato al proprio lavoro, come testimonia la sua lunga carriera. Alla continua ricerca della giocata rara e vincente, rifiutava il passaggino banale. Dotato di uno scatto progressivo e di una finta irresistibile, come di un cross di acutissima percezione. Eccelso fantasista.

Francesca Tripaldelli

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