Sangue a San Siro: tante domande e poche certezze sui fatti del 26 dicembre

A distanza di 20 giorni dalla morte di Daniele Belardinelli, l’ultras varesino coinvolto negli scontri a margine di Inter-Napoli del 26 dicembre scorso, è ancora mistero sulla  dinamica dei fatti e sugli eventi che hanno determinato il sanguinoso epilogo. I dubbi sulla gestione dell’ordine pubblico sono cresciuti giorno dopo giorno. E le polemiche su come è stata gestita a Milano la sicurezza nel giorno di Santo Stefano sono montate ora dopo ora.

Come è stato possibile – si chiedono in tanti – che oltre 100 ultras di Inter, Varese e Nizza (qualcuno ipotizza anche del Verona) siano riusciti a programmare un’azione di assalto su vasta scala, con tanto di armi e contro il convoglio di diverse auto e furgoni dei napoletani ? Ed ancora: come è potuto accadere che una battaglia alquanto cruenta si sia consumata a meno di un paio di chilometri dallo stadio “Meazza” e circa un’ora prima di un match così importante e seguito ?

Come si vede dai diversi filmati pubblicati sul web in queste settimane, lo scontro tra i tifosi partenopei e gli interisti (con i loro “alleati”) è durato diversi minuti ed è stato particolarmente violento con i tifosi di casa armati fino al collo. Le opposte fazioni si sono fronteggiate a viso aperto, e con l’aiuto del fato, nessun napoletano ci ha rimesso la pelle. Tutto ciò in assenza totale di polizia. I quesiti meritano risposte, al fine di comprendere come sono andati realmente i fatti.

Nei giorni scorsi le polemiche sulla gestione dell’ordine pubblico sono state ulteriormente alimentate perché prima del match una informativa della polizia aveva allertato le varie strutture che Inter-Napoli era partita ad alto rischio. Dunque questura e pubblica sicurezza avevano considerato anche l’eventualità di scontri tra opposte fazioni.

Giova ricordare che la violenza fisica e verbale verso Napoli e i Napoletani è nota, non è questo il primo agguato organizzato a sfondo razziale contro i partenopei. Si dovrebbe ripartire dagli esempi, dal l’inclusione e non da politiche di repressione volte a provocare altra violenza e nuovi nemici da ammazzare.

La redazione

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