Persi 1,15 milioni di abbonati alle pay-tv, ricavi scesi dell’8%. Sempre più influente la poca affluenza negli stadi
Improvvisamente, la Serie A si trova in cima a un burrone. E il precipizio è ripido: nel 2018 la contrazione del mercato pay tv è proseguita. Lo scorso anno, solo in Italia, si sono persi per strada 1,15 milioni di abbonati. Un numero monstre che fa il paio con il calcolo di Enders Analys secondo cui tra il 2009 e il 2019 i ricavi da pay tv lungo la penisola sono scesi dell’8%, mentre il costo dei diritti per la Serie A è cresciuto del 78%. La prossima asta per il triennio 2021-2024 è alle porte, ma secondo gli analisti inglesi, è semplicemente impossibile pensare di chiedere più soldi alle televisioni. Ma, peggio, per Enders l’ipotesi Mediapro è “un bluff perché i club pesantemente indebitati non sono in grado di sopportare le inevitabili perdite iniziali di un canale di Lega”.
Insomma la Serie A rischia di trovarsi nel pieno della tempesta perfetta in uno dei momenti peggiori della sua storia: solo pochi giorni fa Gaetano Miccichè si è dimesso dalla presidenza in seguito all’inchiesta della procura federale sulla sua elezione. Dall’indagine non solo sono emerse gravi irregolarità (delle quali Miccichè non è responsabile, in quanto non presente all’assemblea), ma anche una Lega completamente spaccata al suo interno: incapace di darsi regole e obiettivi comuni. Motivo per cui, senza un’intesa su un nuovo presidente entro la prossima settimana, la Figc procederà al commissariamento della Serie A con l’obiettivo di modificare lo statuto. L’ordinaria amministrazione resterà all’amministratore delegato De Siervo.
Di certo il nuovo presidente (o commissario) camminerà su un pericoloso crinale. Basti pensare alla bomba lanciata dai qatarioti di BeIn che minacciano di stralciare l’accordo da 500 milioni di dollari per la trasmissione dei diritti tv della Lega Serie A, acquistati dall’agenzia Img, alla luce della decisione di disputare la Supercoppa italiana fra Juventus e Lazio in Arabia Saudita, Paese che il Qatar accusa di ‘piratare‘ da oltre due anni i diritti tv del campionato.
“E’ stupefacente che la Serie A abbia deciso di andare avanti nonostante l’evidenza del danno che è stato causato agli interessi della Lega da parte di beoutQ, l’operazione di pirateria saudita. E’ eccezionale – spiega un portavoce della società – quello che la Serie A apparentemente è disposta a mettere in pericolo, non solo i ricavi finanziari da uno dei principali broadcaster suoi partner, ma anche l’esposizione che BeIn garantisce al campionato sui mercati in diverse parti del mondo, dall’Europa all’Asia, in Medio Oriente e Nord Africa”.
La Serie A, per voce dell’ad Luigi De Siervo, ha sottolineato che il contratto in essere con Img, che ha ceduto a sua volta nel mondo i diritti di trasmissione della Serie A per il triennio 2018/2021, non prevedeva limiti su partite giocate in altri Paesi: “Quando sono stato eletto ho trovato un accordo pluriennale per disputare le prossime finali di Supercoppa in Arabia Saudita. La Lega Serie A non poteva non onorare il contratto già sottoscritto. Inoltre sul territorio attualmente l’attività di pirateria di BoutQ dei nostri contenuti è cessata, sia su satellite che sulla piattaforma Iptv”.
Al di là di quello che accadrà nelle prossime settimane, BeIn sottolineando “l’esposizione che garantisce alla Serie A in diverse parti del mondo” ha sollevato un problema fondamentale: con i ricavi domestici destinati a calare, è ancora più importante spingere sugli incassi internazionali. Fronte sui cui la Serie A è lontana anni luce dalla concorrenza.
Secondo Enders, il picco dei ricavi dalla vendita dei diritti tv si è raggiunto con l’asta per la Champions League nel 2017. In Italia – in particolare – sottolineano come l’aumento sia legato all’impegno di Sky e Dazn a pagare “bonus fino a 150 milioni di euro”, tuttavia gli esperti sono convinti che “ne pagheranno solo la metà”. Inoltre con il fatto che l’80% dei clienti Dazn è già abbonato a Sky, per gli analisti è difficile immaginare una guerra all’ultimo sangue sul fronte dei diritti tv. Tradotto: non sarà certo la concorrenza tra due piattaforme di fatto alleate e complementari a spingere la corsa dei ricavi.
“Sky – si legge nel report – ha conti solidi, ma è probabile che abbia sempre meno concorrenza per questi diritti. E le aste ne risentiranno”. Anche perché la piattaforma di Comcast è sempre più legata ai risultati di Now Tv, il servizio online che garantisce ai clienti tariffe più basse. Di certo, la Serie A non potrà fare affidamento sull’ingresso nel mercato delle Telco: l’esperienza di Bt in Inghilterra ha convinto Vodafone a far marcia indietro in Spagna (e quindi in Italia), mentre Telecom Italia ha altri problemi da affrontare prima di mettere la testa nel pallone.
Sulla stessa lunghezza si muovono i big della tecnologia: i diritti sportivi sono troppo locali per essere centrali nel loro business, di conseguenza investiranno dove servirà ad aprire il mercato. Facebook ha ridotto il numero di partite della Major League, ma ha puntato forte – senza successo – sul cricket in India: l’obiettivo non era, ovviamente, il cricket, ma l’intero mercato del sub continente. Non va meglio ai verticali. Dazn puntava a diventare la Netflix dello sport, ma sia in Germania, sia in Italia è complementare a Sky: difficilmente proverà ad azzannare Comcast alla prossima asta.
Sul tavolo della Serie A resta dunque l’ipotesi del canale di proprietà, ma anche in questo caso le incognite sono parecchie. Gli analisti di Enders si chiedono come si possa massimizzare il prodotto senza venderlo in esclusiva, ma rendendolo disponibile per tutti gli operatori. Inoltre dubitano che sia la strada giusta per aumentare la base abbonati.
Tutto riporta alla crescente influenza dei diritti internazionali e al peso delle parole di BeIn. A differenza delle principali leghe europee che sono presenti in giro per il mondo, dalla Cina a Singapore, passando per New York; l’Italia è ancora indietro. E per questo ha bisogno di aumentare la propria esposizione, non certo di ridurla. Di più ha un campionato sempre meno competitivo dove le squadre che partecipano alla Champions League incassano 5,8 volte i ricavi di un team medio: in Inghilterra, il rapporto è 1,7 volte. Un dato che rende il nostro campionato sempre meno interessante. E meno soldi dalla tv potrebbero innescare una pericolosa spirale negativa. Gli analisti non hanno dubbi, il futuro non sarà brillante. D’altra parte con una contrazione dei ricavi globale e una Lega spaccata in tante fazioni, governare la nave in un mare in tempesta sarà sempre più difficile per chiunque salga al timone.
Fonte: BusinessInsider
Di Giuliano Balestrieri