“Spazio al tifoso”, la notte magica di Napoli-Liverpool

Martedì 27 settembre 2011, prima partita di Champions League al San Paolo dopo l’ultima apparizione nella stagione 1990-91; i giocatori entrano in campo e parte l’iconico inno della competizione. Da qui la storia, l’urlo “The Champions” dei tifosi partenopei spaventa per la prima volta gli avversari e fa il giro del mondo.

Oggi, martedì 17 settembre 2019, la routine del match day non è cambiata: arrivo allo stadio con due ore d’anticipo, scorta di cibo e bevande e la solita maglia di Cavani che mi protegge da anni. A pochi minuti dall’ingresso in campo dei calciatori, dopo aver scaldato l’ugola per poter urlare il più forte “The Champions” della storia, vedo dai distinti che, alla mia destra, la curva b è ancora silenziosa… è piena di persone ma non vi sono gli eterni protettori della curva: gli ultras. Mentre cerco di capire il motivo della loro assenza chiedendo in giro, lo speaker inizia ad annunciare i nomi dei calciatori che scenderanno in campo e la mia attenzione si sposta completamente sul rettangolo verde. È arrivata l’ora X, l’inno è partito e si aspetta solo l’ultima nota per caricare i giocatori e spingerli verso l’impresa contro i campioni d’Europa in carica. L’urlo arriva, i giocatori lo percepiscono forte e chiaro ma non è lo stesso di sempre, non raggiunge i soliti decibel perché è come se lo stadio avesse perso, con la mancanza degli ultras, la sua essenza (senza nulla togliere al meraviglioso pubblico presente). L’arbitro fischia e i gladiatori iniziano la lotta.

Viste le recenti critiche da parte di alcuni colleghi ed alcuni tifosi cerco di restare seduto per provare questo “tifo all’inglese” così idolatrato dai cultori di calcio, ma non duro molto.

Il primo tempo dura un’eternità e la vera sfida è tra i due difensori centrali più forti del momento: Virgil Van Dijk e Kalidou Koulibaly che, con numerosi interventi, spaventano le persone al solo pensiero di poterli vedere giocare insieme in futuro… un muro umano.

Nel secondo tempo la situazione cambia. Il Napoli da subito inizia ad aggredire i Reds su ogni pallone e la sete di vendetta per quella terribile notte di Liverpool inizia a farsi sentire. L’attenzione dei tifosi per un momento, dopo la miracolosa parata di Adrian, converge verso un solo giocatore, colui che ha appena servito un meraviglioso pallone per Mertens: Mario Rui. Sì perché il terzino più criticato nella storia della società blocca ogni ripartenza del candidato al Ballon d’Or 2018 (Salah) e gioca come un’ala di supporto. Solo al San Paolo possono accadere questi miracoli.

Il resto della partita è come un assolo di Pino Daniele accompagnato dalla sua voce che culla il Vesuvio. Semplicemente spettacolare… una storia da raccontare ai propri nipoti. Battere i campioni d’Europa fa capire al mondo e agli stessi giocatori del Napoli la forza di questa squadra.

Non concepisco questa voglia di copiare il calcio inglese modificando la concezione calcistica italiana e del suo tifo. Immaginate una partita al San Paolo con tutte le persone sedute che cantano i tipici cori senza sbracciarsi e, soprattutto, senza il tifo organizzato. Gli Ultras sono l’essenza di questo meraviglioso sport e sono anche la prima cosa che tutte le persone associano alla figura dello stadio.

Lasciateci tifare come solo noi sappiamo fare. Lasciateci abbracciare con persone che non conosciamo solo per un goal di Ciro. Consentiteci di piangere per le gioie di una partita e, soprattutto, lasciateci perdere la voce ancora una volta con un solo grido:”The Champions!”

Tobia Cuozzo

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