HAMSIK: TESTA DA REGISTA?

Dopo le prime due giornate di campionato che hanno visto il Napoli battere prima la Lazio e poi il Milan, stiamo imparando a conoscere questa nuova versione della squadra partenopea figlia sia delle innovazioni di Ancelotti che dei retaggi del lavoro di Sarri. Ed è la perfetta sintesi tra vecchio e nuovo che si cerca di ottenere per aggiungere qualche nuova arma conservando quanto di buono si è visto nelle ultime tre stagioni.

Nel novero dei cambiamenti introdotti dal nuovo tecnico del Napoli quello dal maggiore impatto tattico e che maggiormente ha generato dubbi e discussioni è stato sicuramente lo spostato di Hamsik nel ruolo di regista, quello che fu di Jorginho.
Del tutto naturale è il fatto che il capitano azzurro viva ancora un periodo di ambientamento nella nuova posizione che si trova a ricoprire stabilmente per la prima volta in carriera. Le necessarie qualità per sviluppare efficacemente l’azione offensiva sono sotto gli occhi di tutti: eccellente visione di gioco, rapidità di pensiero e perfetto utilizzo di entrambi i piedi sia nel corto che nel lungo oltre alla possibilità di poter colpire col tiro da fuori.
Maggiori perplessità si possono avere sull’adattamento alla fase difensiva da svolgere davanti alla difesa dove diviene fondamentale avere senso della posizione e capacità di lettura per chiudere le linee di passaggio verso gli attaccanti avversari. L’impressione è che con il passare del tempo questo sia un lavoro che Marek grazie alla sua intelligenza tattica possa diligentemente riuscire a svolgere.

Il principale problema in realtà potrebbe riguardare la predisposizione mentale necessaria a giocare da play. Il regista di una squadra deve essere per novanta minuti l’assoluto faro dei compagni: sempre acceso, sempre nel vivo del gioco guidando la squadra sia in fase offensiva che difensiva rendendosi agevolmente disponibile affinché un compagno in difficoltà possa trovare qualcuno cui appoggiarsi. Per fare un esempio pratico: quando il regista passa la palla ad un compagno deve subito dopo mettersi in visione per riceverla di nuovo indipendentemente dal fatto che la palla gli venga effettivamente restituita o meno. Questo chiaramente comporta una continua attività che non permette pause d’attenzione.
E se dopo undici stagioni di Hamsik in azzurro, con la dodicesima appena cominciata, tutti siamo perfettamente consci delle straordinarie qualità che lo slovacco possiede, allo stesso tempo sono ben noti anche i suoi difetti. Tra questi è sempre risultata evidente l’incapacità dello slovacco di essere costantemente attivo per tutta la durata del match. Marek purtroppo è un calciatore che durante alcune fasi della partita tende a uscire dalla stessa, ad avere dei cali di intensità ai quali usava porre rimedio con i suoi improvvisi e spesso micidiali inserimenti in zona gol. Questo giocare un po’ a folate era decisamente più accettabile nel vecchio ruolo di mezz’ala, mentre mal si concilia con il nuovo ruolo affidatogli da Ancelotti. Bisogna anche riconoscere che negli anni di Sarri, il capitano ha molto migliorato questa sua pecca poiché riducendo gli inserimenti in zona è stato più continuo nella gestione della palla e nella costruzione del gioco. Questo però affiancato da un vero play come lo era Jorginho che appunto rappresentava per Hamsik quell’appoggio sicuro e sempre presente che gli copriva le spalle.

Risulta dunque inevitabile che per calarsi al meglio nella nuova realtà Marek debba ancora crescere come continuità di prestazione e capacità di proporsi con assiduità. Il passaggio al nuovo ruolo è complesso e necessiterà di tempo per concretizzarsi al meglio. La fiducia però è d’obbligo poiché mister Ancelotti di registi se ne intende (avendo allenato tra gli altri gente come Pirlo e Xabi Alonso) e avrà sicuramente notato in Hamsik le basi su cui costruire.

Nicola Licciardiello

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