È arrivato il momento di calmarci tutti! – di Andrea Cardinale

Le critiche devono esserci, altrimenti non può esistere il concetto di democrazia  e la possibilità di un contraddittorio. Meglio ancora se esse sono costruttive e in grado di creare una discussione genuina, ragionevole e basata sul bene comune. Quando vengono meno i presupposti del buonsenso, vuol dire che si sta andando verso una direzione sbagliata e pericolosa, nonostante le gesta possano essere dettate da buone e sincere intenzioni. Il guaio è cadere nel ridicolo ed è successo con Callejon.

Si può e si deve criticare e contestare se le insoddisfazioni non sono più un concetto astratto, soprattutto al termine o quasi di un’annata in cui è venuta meno la comunicazione da parte della società (già avviene da tempo), ma la maglia non si può rifiutare, specie se si tratta di un’instancabile uomo e calciatore che ha sposato Napoli calcistica e Napoli culturale. Callejon ha una caratura morale fin troppo spiccata, un’alta rigorosità di fedeltà morale e causale. Restituire e gettare via la maglia a colui che l’ha indossata 300 volte, sudandola ad ogni partita, che da anni lotta per la maglia azzurra travalica ogni discorso sul buonsenso. Non fa onore a nessuno in un clima già di per sé avvelenato e vanno ad annullare le buone intenzioni.

E allora sì, come direbbe Pino Daniele. Va bene tutto, ma Callejon non lo meritava. Ed è arrivato il momento di scegliere da che parte stare: la squadra e l’ambiente o il veleno? Davvero ciò che conta è il meglio per il Napoli o siamo arrivati al punto che la contestazione è lo strumento da utilizzare senza se e senza ma, a torto o a ragione, nei confronti del principale esponente dirigenziale cui si attribuiscono meriti e soprattutto demeriti, proclami da cinematografia non corrisposti da risultati sperati?

D’altro canto, la società perché ha volutamente mostrare una eloquente mancanza di comunicazione, mandando allo sbaraglio un da sempre aziendalista vincente Ancelotti bersagliato da tutti alla sola prima stagione all’ombra del Vesuvio, costretto a dover fronteggiare critiche – ma anche elogi – all’insegna dell’esasperazione. E in questo, qualche colpa va attribuita anche agli addetti ai lavori. Il gesto nei confronti di Callejon è un messaggio inevitabilmente rivolto a un altro palese destinatario, mentre peggiora la frattura in atto tra società, tifosi e media. Si può risanare, ne va del clima pessimo che si respira in città.

Ovunque c’è un limite e deve prevalere il buonsenso. È doveroso affermare la calma e la moderazione dei gesti, virtù di ogni critica e ragione. Ora è il momento di chiudere la stagione, proseguire nel rispetto delle opinioni di tutti, rivedere i modi di agire da parte di società e tifosi. Perché questa guerra non porta da nessuna parte tra progetto, provocazioni, obiettivi millantati, cori, striscioni e richieste varie, pur legittimi e (non tutti a mio parere) condivisibili. Involontariamente persiste il rischio di fare il gioco di chi vuole vedere Napoli e il Napoli implodere, ma nessuno sembra accorgersene. Perché siamo rimasti – poco elegante, ma necessaria la prima persona – accecati da chissà quale fantomatica promessa da oro colato, supportata in modo astratto da un passato irripetibile per innumerevoli ragioni, eppure migliorabile con pazienza e determinazione.

Fermiamoci, smettiamo di puntare il dito, torniamo uniti e ricostruiamo insieme, perché basta poco per sfasciare tutto e ci stiamo riuscendo.

 Andrea Cardinale

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