Differenze in conferenza stampa assurde, il calcio dovrebbe essere uguale per tutti

Il rush finale è cominciato, per il Napoli comincia un breve e infuocato percorso che nei prossimi mesi vedrà i vari scenari compiersi. La fiamma è accesa, gli azzurri tornano da Roma e volano ad Empoli con la certezza di rispondere in modo positivo alle richieste di fine stagione, con la speranza che il fato si fermi a guardare i ragazzi agli ordini di Ancelotti e tenda loro la mano in vista della Europa League. Con un secondo posto ulteriormente blindato durante lo scorso weekend e la qualificazione alla prossima Champions League oramai vicina aritmeticamente, il destino del Napoli si concentrerà sulla doppia sfida continentale contro l’Arsenal: battere gli inglesi, per quanto arduo possa essere, si traduce in semifinali e un incontro ravvicinato (il primo?) con Baku.

Prima però c’è il campionato, il turno infrasettimanale: l’euforia di Roma non dovrà distrarre la squadra in vista di un complicato impegno alle porte: l’Empoli di Andreazzoli, squadra ostica malgrado la situazione particolare di una squadra in piena lotta per non retrocedere. Le facili distrazioni, i cali di tensione e il non poter restare sempre sul pezzo ha portato gli azzurri a qualche punto di troppo perso; in questi ultimi due mesi sarebbe opportuno chiudere anzitempo il discorso secondo posto. L’Empoli e Andreazzoli, tuttavia, offrono uno spunto di riflessione non di poco conto.

Se vogliamo essere portatori dell’informazione, quella corretta e oggettiva, è necessario partire dalle basi della deontologia. Se l’obiettivo di tutti noi è quello di sbandierare agli altri, che siano amici o familiari oppure contatti social, un tesserino ricco di bollini dai colori di Arlecchino, allora è meglio coltivare altri interessi. Fare giornalismo non significa accettare la sufficienza del dettato, la blasfemia del sentito dire, neanche accontentarsi del monologo accompagnato da domande già pianificate o preconfezionate. Raccontare le opinioni con fatti e domande è lontano da erigere il personaggio del momento e snobbare chi invece non rientra nelle tendenze, ma insegna calcio e porta in dote il lavoro settimanale espresso nella partita di campionato, bene o male che sia.

Sarebbe stato interessante ascoltare l’allenatore che ha rischiato di fermare una Juventus che molto probabilmente ha giocato col frenato a mano, eppure ha avuto bisogno della sua stella del momento per avere la meglio sull’Empoli. Ascoltare Aurelio Andreazzoli, un autentico signore, a prescindere dalla partita di sabato scorso, è un’occasione per apprendere interessanti nozioni di tattica, gioco spumeggiante, accortezza difensiva. Da eterno vice e con l’etichetta dell’allenatore (ad interim) che ha perso in finale di Coppa Italia il Derby Capitolino, lo scorso anno si era preso la giusta ribalta per aver riportato il club toscano in Serie A. Nonostante l’esonero – richiamato da poco per risollevare le sorti del club -, pur considerando la posizione traballante in classifica, l’Empoli impressiona favorevolmente la platea e addetti ai lavori.

Ma al di là di tutto, anche il tecnico più sopravvalutato non va mai mancato di rispetto: quel vuoto in conferenza stampa al suo arrivo perché “ormai Allegri aveva già parlato, il resto è noia”, è una vergogna colossale sia per il calcio italiano ancora una volta sbeffeggiato a pieno titolo dalle realtà nostrane ed estere, sia per una categoria che spesso e volentieri preferisce calpestare la deontologia professionale, piuttosto che portarla ad insegnamento. Quanto accaduto è inaccettabile perché parimenti è desiderio/diritto della categoria pretendere rispetto dai coloro facenti parte dell’altra parte della barricata (intervistati per esempio…), e quel rispetto va ricambiato.

 

Andrea Cardinale

 

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