Calciopoli, doping, ‘ndrangheta e donne: quando l’informazione diventa bianconera

Sono stati molti i casi in cui la narrazione del calcio viene rappresentata solo attraverso i colori della Juventus. Per quanto la “Vecchia Signora” sia la società più forte e la squadra più vincente (in Italia), i media non dovrebbero mai perdere la loro obiettività

Allianz Stadium di Torino, ad affrontarsi Juventus e Fiorentina. Sfida scudetto del campionato femminile di calcio. Affluenza da record allo stadio bianconero e numeri pazzeschi per quanto riguarda l’audience in tv. Tutto perfetto! Un bel segnale per un Paese spesso al centro delle polemiche quando si tratta di parlare dei diritti delle donne. E se queste ultime, sono state le protagoniste assolute di uno sport dominato dagli uomini, allora non possiamo che esserne contenti.

Molti giornalisti e diverse testate hanno raccontato questa partita con enorme enfasi. L’aspetto sul quale si sono – giustamente – soffermati è stato quello relativo al pienone che c’è stato allo Stadium. Peccato che quasi tutti hanno omesso un particolare: che gli ingressi nell’impianto sportivo torinese erano gratuiti. Un “piccolo” dettaglio dimenticato, probabilmente una “banale” svista. 

Per carità, la scelta della Juventus è stata legittima ed anche condivisibile. Un gesto fatto, magari, per spingere le famiglie allo stadio e farle partecipare ad una partita di calcio femminile. Ma perché raccontare la vicenda in modo “truffaldino” evitando di rivelarne un punto fondamentale? Perché far credere che la Juventus avrebbe potuto ottenere un risultato epocale – anche economico – riuscendo a riempire lo stadium anche quando a giocare non sarebbero stati i “maschietti”?

Insomma, il sospetto che la sudditanza psicologica nei confronti del club bianconero non ci sia solo in campo o dentro i palazzi nei quali vengono intavolate le trattative di mercato, è diventato molto forte. Non solo, ma questa sorta di complesso di “inferiorità”, rispetto alla Juventus, sarebbe anche mediatico.

Specifichiamo una cosa: qui nessuno pensa che ci siano in atto dei complotti. Crederci vorrebbe dire giustificare qualsiasi cosa buona o cattiva accada in un determinato contesto. Ma il dubbio che esista un “sistema”, che faccia comodo a parecchie persone e aziende, è diventato credibile e non dovrebbe scandalizzare più di tanto. Insomma, la “Vecchia Signora” fa parte di un colosso finanziario quotato in borsa, gestisce una miriade di giovani calciatori ed investe milioni di euro nel proprio business. 

Che ci siano affari, trattative e rapporti che possano avvantaggiarla senza andare a danneggiare le tasche di quelli che hanno relazioni con lei, è più che normale. Altrimenti, chi si sentisse penalizzato, andasse in procura con prove alla mano e denunciasse il marcio che ogni domenica viene vomitato a prescindere in tv e sui giornali.

Ma forse il problema sta proprio qui, nel mondo dell’informazione. Calciopoli, doping, ‘ndrangheta. Tanti casi sventolati per convenienza, per speculare, come armi di distrazione di massa. Eppure un’informazione libera e coraggiosa dovrebbe essere il baluardo di ogni Paese democratico e liberale. Uno strumento di critica del potere quando esso sconfina nell’illegalità. Ecco, se molti professionisti, anche solo per servilismo, vendono se stessi e la loro deontologia, vuol dire che un’intera categoria ha fallito. Una sconfitta dei mezzi e degli obiettivi. E in fondo, tutto questo, non so quanto possa far piacere alla Juventus.

Andrea Aversa

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