Var, arbitri, fluidità e godimento del gioco calcio

Var, arbitri, fluidità e godimento del gioco calcio

Sempre più gli arbitraggi di serie A stanno diventando un problema. Le polemiche crescono e hanno radici profonde.  In Italia parlare di arbitri è diventata un’abitudine, come il caffè a fine pasto e  i dolcetti la domenica. Quanti gli arbitri ingiuriati ogni santa partita, quante le colpe a loro attribuite.

Con l’introduzione del VAR nel 2016 sembrava si fosse trovata la soluzione. La macchina perfetta che con il suo intervento avrebbe garantito un sistema di giustizia perfetto. Quanto grande invece la nostra ingenuità.  Ancora oggi parliamo male degli arbitri, con maggiore teatralità e le lamentele non riguardano solo quelli che calpestano il campo da calcio ma, e soprattutto, di quelli in sala  VAR e il VAR stesso da loro utilizzato. Quella macchina che doveva essere perfetta e che tanto perfetta non è.

Empoli -Inter e Cagliari-Roma le partite più soggette a discussione per gli arbitraggi scandalosi, a detta dei protagonisti. Un Mazzarri indiavolato che a fine partita elenca tutta una serie di errori arbitrali da lui presunti contro il suo Cagliari, fino al rigore per lui netto su Pavoletti, spinto da Mancini. Sottolinea con veemenza anche il mancato ricorso al VAR da parte dell’arbitro come il mancato richiamo all’arbitro da parte dello stesso arbitro del VAR.

Lo stesso Pavoletti, tra il divertito e l’indignato, sottolinea l’evidente rigore, tanto da ritenere inutile lo stesso intervento del VAR e accenna al grave torto subito dall’Empoli, riferendosi al presunto rigore di D’Ambrosio su Bajrami. Dell’episodio ne parla anche mister Andreazzoli, solitamente restio alle polemiche, chiedendo il perché del mancato intervento del VAR. Precisa quanto sia duro e complicato il lavoro degli arbitri ed è proprio per questo motivo che necessitano dell’aiuto dei mezzi  per dare oggettività, riscontro alle cose.  Proprio come  il VAR, capace di individuare un calcio di rigore con la massima precisione, come l’occhio di falco nel tennis.

Anche in Roma – Milan, la Roma ha reclamato un altro calcio di rigore . Mourinho ha dovuto zittirsi per non rischiare il cartellino e perdere così la panchina alla partita successiva.  Come accade allora che il VAR sbagli, non si accorga di un calcio di rigore o ne attribuisca uno inesistente? La risposta è alquanto ovvia. Dietro la macchina  ci sono altri esseri umani che fanno delle scelte guardando delle immagini, talvolta eloquenti, talvolta meno. Non esiste un algoritmo o un ‘ intelligenza artificiale, ma solo altri occhi in aggiunta a quelli dell’arbitro in campo.

Che il VAR possa essere quindi lo strumento perfetto resta una mera illusione. Il VAR, infatti, non ha fatto altro che rendere ancora meno accettabile l’idea  che gli arbitri possano sbagliare e interpretare una situazione differentemente da noi davanti alla TV. L’episodio lampante, chiaro, ovvio trova facile interpretazione e applicazione, ma quando l’errore non è facilmente riconoscibile cosa accade? La corretta interpretare come avviene? Inizialmente il VAR  si riduceva ad una semplice revisione a cui ricorrere quando l’arbitro in campo  si era concesso proprio una umana distrazione.

Le cose poi sono cambiate, perché cambiate le regole non più così chiare e di conseguenza l’interpretazione del regolamento. Pensiamo al fallo di mano. Una volta bastava toccare la palla con la mano per vedersi assegnato un calcio di rigore. Oggi non è più così. Dobbiamo comunque convenire che negli ultimi campionati i rigori assegnati sono notevolmente aumentati, sebbene spesso si discuta anche di quelli non assegnati. Ci troviamo quindi di fronte ad un bivio: o i difensori sono diventati estremamente fallosi oppure l’interpretazione del VAR delle ultime stagioni ha ampliato la casistica di che cosa sia un fallo in area. Praticamente quasi tutto ciò che prevede un contatto.


Tanto da indurre Mancini a dire:” Oggi un difensore, oltre a tenere le mani dietro la schiena, dovrebbe scansarsi, non intervenire. Ma cosa è diventato il calcio!”. Resta il fatto che l’interpretazione sembra sempre meno determinata dall’ impressione dinamica in  diretta e sempre più da quella statica. L’arbitro al VAR scompone in fotogrammi l’azione fino al momento del contatto tra i giocatori. Da tali immagini è impossibile valutare tutte le variabili visibili della diretta, come la dinamica dell’azione, l’entità del contatto, il contesto, la volontarietà.

Fonte: Gianluca di Marzio

In Venezia-Salernitana  l’episodio più chiacchierato riguarda un ‘ espulsione e non un rigore. Ampadu recupera un pallone con una scivolata perfetta, almeno così sembra, eppure l’arbitro rileva un contatto tra il suo piede e quello di Ribéry e quindi un fallo da ultimo uomo.  Fallo che prevede l’espulsione. Scomponendo il video in immagini, il contatto è davvero difficile da riscontrare. L’arbitro resta tuttavia sulla sua decisione ed espelle Ampadu. Questo fa capire e sottolinea fino a che punto la casistica delle cose si sia amplificata.  Tracciare anche un fuorigioco, servendosi  del tracciamento delle linee immaginarie col VAR, presenta il suo piccolo margine di errore.

  Vogliamo parlare anche delle infinite interruzioni  di gioco determinate dall’uso del VAR? Un regolamento di questo tipo sta creando partite più godibili? Il gioco del calcio sta migliorando? L’impressione è che la “dimensione giuridica” sia diventata più importante del gioco stesso. Quando c’è da giudicare un contatto di rigore, un fuorigioco o estrarre un cartellino, il regolamento non sembra più in funzione di una partita migliore.

Gli arbitri stanno assumendo sempre maggiore importanza e sono diventati determinanti nei risultati finali delle partite. I rigori da loro assegnati cambiano  le sorti delle stesse. Che si sentano gli stessi guidati da un senso di onnipotenza nel conferire o non conferire un rigore? Per ovviare a questa loro eccessiva libertà serve di certo rivedere il regolamento, renderlo più chiaro e agevole nell’uso. Zittiremo in questo modo anche tutti quelli che parlano di compravendita degli arbitri e delle loro diverse misurazioni di giudizio.

Al riguardo Fabio Capello ai microfoni di Radio Rai,  sottolinea che il calcio è uno sport di contatto e suggerisce per ovviare alle continue incongruenze un ex giocatore da affiancare all’arbitro al Var. Il dilemma resta in piedi: necessitiamo dell’uso del Var si o no? Sarebbe opportuno ricorrere limitatamente al suo uso come avviene negli altri campionati europei? Lo stesso mister Pioli ha sottolineato più volte che in Italia si fischia troppo. Per il godimento del gioco calcio meno interruzioni gioverebbero.

Francesca Tripaldelli

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