STORIE DI 10 : “Matthew Le Tissier, il 7 camuffato da Diez.
“Non sono mai stato un buon perdente, non mi piaceva perdere, ma c’era una parte di me che voleva dare spettacolo, far apparire un sorriso sul volto della gente. E mettere spesso un pallone sotto l’incrocio da 25 metri mi sembrava un buon modo per riuscirci”.
Sono passati cinquantuno anni quando da Saint Peter Port, un giovane di nome Matthew Le Tissier nasceva, nessuno poteva immaginare la sregolatezza che lo avrebbe contraddistinto e che solo lui, in fondo, poteva conoscere.
WE ARE YOUNG
Ultimo di 4 fratelli cresce cominciando a giocare a cricket, ma quando Matthew vede per la prima volta un pallone, l’emozione è indescrivibile e assurda, al punto che alla prima occasione si mette in mostra. Un po’ come tutti gli adolescenti, “La prima volta non si scorda mai” e così fu; Campionati Giovanili Isolani con la maglia del Vale Recration, sono gli albori di una stella che mette a segno ben 169 reti, una più assurda dell’altra. Solo nel 1981 oltre Manica ci si accorge del suo talento immenso, quando a soli 13 anni durante il Camp svoltosi alla Saints Soccer School del Southampton, gli osservatori dei Saints, vedono in quel giovane isolano i primi sprazzi di “Le God” e solo 4 anni dopo firmerà con la prima squadra.
PLEASE, CALL ME “LE GOD”
L’esordio è un palcoscenico particolare come la EFL CUP, quando all’epoca c’era ancora il Replay, che oggi resta solo nella FA CUP. Siamo ad Old Trafford, che dopo l’epopea di George Best, nessuno poteva mai pensare che, il Teatro dei Sogni, avrebbe ospitato la prima di Matthew che con una doppietta comincia con tanta nonchalance a far parlare di se sui Tabloid, dove subito parte il toto “Golden Boy”; mica male come esordio. La Premier League è un Oceano sulle cui onde prima di surfare devi prima cadere un po’ ed infatti i primi 3 anni in maglia Saints sono conditi da 89 presenze e 23 gol, comprese le coppe. La stagione 1989-1990 è forse quella della vera e propria esplosione. Dribbling, gol, genio e sregolatezza made in UK portano a 23 anni Matt a vince il PFA Young Player Of The Year Awards con 20 reti, in coppia con un certo Alan Shearer i Saints alzano l’asticella. So…. Please Call Me “Le God”
A LIFE IN RED’N WHITE
Se oggi le bandiere non esistono più o quasi, se forse le piccole squadre non hanno avuto quasi mai storiche bandiere, Matt ha da sempre detto NO alle grandi squadre d’Inghilterra, credete fosse facile rifiutare negli anni 90 Liverpool, United o Arsenal? Per “Le God”, invece, fu un semplice gioco da ragazzi, “Thank You but im Saints”. Un amore per la maglia incondizionato che all’epoca sembrava quasi una nota stonata, tra le tante bandiere inglesi dei top club, c’era un giovane talento innamorato della suo Southampton senza se e senza ma. Allenatori che passano, panchine che traballano ma Matt resterà sempre lì con la maglia numero 7 nonostante alti e bassi l’amore biancorosso resta immutato e lo porterà per sempre con se.
“WHAT A GOAL”
Se ti chiami “Le God” e in giro per l’Inghilterra le standing ovation quando giochi tu sono all’ordine del giorno, devi avere per forza il vizio del Golazo. L’esordio ad Old Trafford senza nessuna pressione, condita da una doppietta con un pallonetto, niente male come esordio. Ricordate invece la tripletta al Wimbledon? Rimuovetela, perché sul Norwich si abbatte “Le God” in tutta la sua meraviglia. La prima rete è quasi trascurabile, una girata mancina nel cuore dell’area di rigore, da mestierante dei sedici metri più che da talento illuminato. La seconda, invece, fu oltraggiosa; servito poco oltre il cerchio di centrocampo, punta Andy Townsend, lo stordisce di finte, e fa sparire il pallone e poi ai sedici metri, pronto per sparare un destro rasoterra accolto con benevolenza dal palo e poi in rete. Il terzo gol è addirittura un contropiede. Benali calcia lungo sulla fascia sinistra, Le Tissier lascia scorrere e quando sente l’arrivo di un difensore del Norwich gli fa passare la palla di lato e appena vede Gunn fuori dai pali, lo beffa con un tocco sotto. Avete mai visto un uomo passeggiare a Oxford Street con le mani in tasca? Ecco un po’ come Le Tissier che nel Gennaio 1994 contro il Göteborg in un’amichevole a limite dell’area di rigore calcia di esterno destro, di prima intenzione, sul palo opposto, per poi andarsene verso il centro del campo come se fosse la cosa più normale del mondo. Per Matthew Le Tissier non era poi un gol così speciale. I gol sono tanti forse troppi, ma sentire i telecronisti britannici ai gol urlare “Le Tissier! What a gol” ogni sabato era l’apoteosi.
COCA E MALIBU FINO ALLA FINE
Un carattere fumante, come tutti i geni, le poche presenze con la maglia dei “Three Lions” sono figlie di quell’amore per il Southampton, senza mai accettare le big inglesi, non troverà mai la consacrazione vista la mancata qualificazione a USA 94 e la mancata convocazione agli Europei del 1996 e dai Mondiali del 1998. Carattere che lo ha contraddistinto dentro e fuori dal campo. Il campo che ha assistito alle sue prodezze ma anche,al suo declino che nel 2002, a soli 33 anni, lo porta a lasciare il calcio sempre e solo in maglia Saints. Amore per le donne, per la maglia e per quella vita sregolata tanto dentro quanto fuori dal campo. La fine della sua ascesa si racchiude nel suo cocktail preferito, Malibu e Coca, che lo accompagnava durante un’intervista post ritiro e dove alla domanda: “Cosa sei stato? Un Fortunato e poco ambizioso?” Lui rispose: “Penso che possano bastare i 200 gol in 500 partite bastano per rendermi Le God dei Saints”. Cinquantuno anni dopo l’Inghilterra è ancora alla ricerca del Diez, quello camuffato dal numero 7 di Matthew Le Tissier.
Daniela Villani