Il modo per stabilire il valore della struttura in questione parte dalla documentazione ufficiale di Palazzo San Giacomo. Alla voce “Stadio San Paolo” nell’elenco dei beni immobiliari del comune è allegata una rendita catastale pari a 464.000 euro. L’impianto appartiene alla categoria D6, quella relativa alle strutture sportive, per la quale il valore della rendita catastale deve essere moltiplicato per 60 per poter fornire un valore coerente dell’immobile. Tradotto, effettuato il calcolo la cifra dovrebbe avvicinarsi ai 28 milioni di euro, quasi la metà di quanto richiesto appunto da De Magistris.
La strada per la privatizzazione – Tra gli immobili pubblici all’interno del piano di dismissioni varato dal Comune di Napoli, che punta a un incasso di 950 milioni di euro entro la fine dell’anno, potrebbe rientrare anche lo Stadio San Paolo.
Il dialogo tra gli enti locali e il ministero dell’Economia è ufficialmente iniziato con la Sgr Invimit (Investimenti Immobiliari Italiani), chiamata alla creazione di due maxi-fondi di almeno 500 milioni di euro. Sarebbero stati individuati altri immobili oltre allo stadio, tra cui la piscina Scandone, l’ippodromo della città e le Terme di Agnano. La sensazione, tuttavia, è che il confronto sia solo all’inizio perché in Invimit si punta a un dialogo con i comuni per valorizzare l’intero patrimonio immobiliare degli enti locali. Da qui sarebbe nato il confronto che avrebbe portato il Comune di Napoli a mettere sul piatto lo stadio cittadino. In ogni caso, bisognerà attendere, perché l’Invimit sta lavorando a un prodotto finanziario diversificato, segnando la differenza rispetto a un passato in cui le dismissioni avvenivano per via della cartolarizzazione. Obiettivo è creare un ventaglio di beni variegato che offra un buon rating sul mercato. Lo stadio San Paolo potrebbe rientrare in questo progetto.
La convenzione con gli azzurri, stipulata dal patron azzurro, non riguarda tutto lo stadio ma solo degli spazi definiti, come precisa l’assessore: “Abbiamo un regolamento che dà delle limitazioni secondo cui è previsto anche un pagamento per le spese pubblicitarie”.
Mattia Ronsisvalle