Si torna allo stadio, ma in silenzio. Ecco quanto accaduto in Giappone. Ma è davvero la soluzione giusta?
In Giappone si rimette piede allo stadio, ma lo si fa quasi camminando in punta, senza fare troppo rumore.
Ciò è avvenuto già a partire da luglio, con i tifosi ai quali è stata fatta una richiesta un po’ “particolare”. Dunque, oltre a prendere le ordinarie misure di sicurezza (indossando la mascherina e mantenendo il distanziamento), è stato impedito anche di riscaldare le proprie corde vocali, ebbene sì, silenzio assoluto.
Divieto di intonare cori. Ma perché? La motivazione che avrebbe portato a prendere questa decisione, è il pericolo che rappresenterebbero eventuali goccioline di saliva (droplet) che, cantando, potrebbero spargersi nell’aria.
Secondo una testimonianza di una giornalista sul -New York Times-, durante la partita si sente addirittura il rumore del sacchetto delle patatine mangiate da uno seduto quattro file più avanti.
Il massimo che si può sentire, sono dei caldi applausi spontanei, che secondo Kenta Hasegawa, allenatore dell’FC Tokyo, fanno comunque sentire tutto l’entusiasmo che c’è dentro, rendendo positiva la presenza dei tifosi.Inizialmente ci sono state regole che hanno vietato addirittura anche il battito di mani, ma quando poi ci si è resi conto che era impossibile evitarli, le regole sono state allentate.

C’è anche da osservare però che il Giappone non ha utilizzato le stesse rigide misure di lockdown viste in Europa, e ha finora avuto meno di 1.500 morti di coronavirus. Pertanto c’è stato un approccio all’epidemia molto più rilassato e improntato alla convivenza con il virus, un aspetto su cui aveva insistito molto l’ex primo ministro Shinzo Abe. Infatti, in realtà, una regola simile a quella degli stadi era stata introdotta anche per i parchi di divertimento, con questa richiesta alle persone: «per favore, urlate dentro i vostri cuori».

Secondo Kentaro Iwata, esperto di malattie infettile all’ospedale universitario di Kobe, la presenza ridotta di tifosi negli stadi all’aperto è un rischio accettabile. Il problema semmai sarebbe costituito da tutto quello che c’è prima e dopo, come l’afflusso dei tifosi con i mezzi pubblici.Poi ha detto anche:«Siamo umani, sventolare una bandiera o usare i tamburi esalta la gente, e questo può portarla ad assembrarsi e ad alzare la voce». Per evitare problemi, infatti, negli stadi è vietata la vendita di alcol.
Per come dalle nostre parti è conosciuto il calcio asiatico, magari per i tifosi giapponesi sembra una rinuncia da poco, quella di non cantare cori, ma a quanto pare la J1 league presenta diverse tifoserie organizzate e rumorose. In ogni caso i tifosi locali sembrano aver accettato di buon grado le regole.
Cosa che invece non è avvenuta affatto in Italia , dove in questi giorni sono davvero tantissimi i comunicati dei gruppi organizzati delle varie curve delle categorie minori, e non solo, che, a determinate condizioni, si sono anticipatamente rifiutati di entrare.
Chieti, Canicattí, Sant’Agata, Pesaro, Sciacca, Pianura Fans 80126, Marsala, Palermo C.N.I….sono soltanto alcune delle realtà minori che hanno comunicato la loro decisione. Della Serie A invece, curve come quella del Toro e della Samp, si sono già espresse.
C’è da dire che entrare così allo stadio, significherebbe poterlo fare soltanto da spettatori e non da tifosi. Infatti, sicuramente non potrebbero fare ingresso gli strumenti del tifo (bandiere, tamburi, megafoni) e in più, giustamente, sarebbe opportuno il distanziamento.
Comprensibile dunque, la decisione di molti gruppi del tifo organizzato, che preferiscono aspettare una completa e normale riapertura del proprio settore, che frammentarsi e soprattutto non poter tifare.
Nell’attuale situazione il distanziamento sarebbe più che comprensibile, ma magari perché non fare almeno entrare un tamburo o una bandiera?
Raffaele Accetta



