Serie D: intervista all’attaccante dell’Afragolese Felice Simonetti
Serie D: intervista all’attaccante dell’Afragolese Felice Simonetti

Uno dei nuovi volti dell’Afragolese, l’attaccante nolano Felice Simonetti, ha risposto ad alcune delle nostre domande riguardo l’inizio della sua carriera, come ha vissuto quest’annata di Serie D e tanto altro ancora. Di seguito le sue risposte alle nostre domande…
- Da bambino avevi qualche idolo? “No, da bambino non avevo idoli, gli idoli li ho avuti nel seguito della mia crescita. Da bambino ammiravo attaccanti come Del Piero, Totti, Batistuta, Ibrahimovic, ma poi l’attaccante che ho ammirato di più è stato Higuain che ho potuto apprezzare quando è venuto a Napoli dove ha mostrato tutto il suo valore, così da diventare per me il centravanti moderno per eccellenza”.
- Quando hai iniziato a giocare a calcio ricoprivi altri ruoli o eri sempre attaccante? “Ho fatto sempre l’attaccante, anche perché quand’ero piccolo mi portavo più grande degli altri, la mia struttura fisica era adatta per quel ruolo e avevo anche un gran fiuto del gol; quindi, la scelta di questo ruolo è stata una scelta naturale”.
- Al di fuori del calcio hai praticato/pratichi altri sport? “Quand’ero piccolo, insieme al calcio, ho praticato il nuoto che ho lasciato perché il calcio mi dava più emozioni. Col tempo poi ho praticato un po’ di palestra, collegata al calcio, per migliorare le mie prestazioni e la mia forma fisica.
- Quest’anno sei andato in rete 8 volte, una con l’Afragolese e sette con il Real Agro Aversa. Nel passaggio ai rossoblù possiamo affermare che non sei riuscito ad affermare il tuo potenziale offensivo? “Diciamo che ad Aversa stavo facendo un ottimo campionato, poi ho deciso di cambiare perché ho avuto alcuni problemi con la società e questo cambiamento è stato giusto visto che, questo trasferimento, è avvenuto in un periodo particolare della mia vita perché ho preso il Covid e, quindi, il recupero non è stato semplicissimo. Nonostante ciò, credo di aver dato un ottimo contributo all’Afragolese, anche non affermando il mio potenziale offensivo, facendo un gol sì ma facendo anche molti assist e mettendomi a disposizione della squadra, dando più il mio contributo per la salvezza della squadra che per una mia gioia personale”.
- Possiamo, quindi, affermare che quell’unico gol è stato importante per la salvezza della squadra? “Sì, è stato un gol importante perché è stato il gol della vittoria ad Artena. Quella fu una partita importante che poi, col tempo, è risultata determinante; ma, oltre a questo, in alternanza con il grande Dino Fava, che è da ammirare per quello che ha dato all’Afragolese, sono riuscito a dare il mio contributo anche con un assist e mettendomi a disposizione della squadra facendo, magari, una fase difensiva in più”.
- Da nolano, come hai vissuto la retrocessione del Nola e il punto di penalizzazione ha influito sul verdetto finale? “Mi è dispiaciuto perché comunque è la squadra della mia città, ho sperato che oltre all’Afragolese si riuscisse a salvare anche il Nola, però fa parte del calcio. C’è sempre chi vince e chi perde in tutte le categorie. Il punto di penalizzazione sicuramente ha pesato sulla lotta salvezza del Nola, anche se senza quel punto, comunque, si sarebbe trovata a pari punti con noi e sarebbe comunque retrocessa. Forse il punto ha influenzato sulla mentalità della squadra perché sapere che si ha un punto in più avrebbe potuto far giocare la squadra con più serenità”.
- Cosa ti aspetti dalla prossima stagione? “Spero in un calcio migliore. Spero che questa pandemia vada via e ci faccia giocare in maniera regolare, perché tra il campionato che si è fermato e alcune partite che si sono accavallate alcuni giocatori non hanno potuto avere continuità, io in primis dato anche il Covid. Insomma, spero in un’annata diversa che possa partire con i presupposti giusti con una squadra che ti valorizza, ti appoggia, così che i risultati verranno da sé”.
- Qual è stato il girone più difficile che hai dovuto affrontare, il girone H o G? “Il girone H è un girone molto fisico, mentre il G è forse tecnicamente più qualitativo. Diciamo che il girone H contraddistingue molto di più noi giocatori del sud dato che è un girone di cattiveria, di cazzimma, di voglia, invece ho notato che nel il girone G si pensa molto di più a giocare a calcio, quindi prevale il calcio più che lo scontro fisico”.
- Per i play-off di serie D chi vedi favorito? “Il Savoia, però c’è il Latina che ha una grande squadra, la Nocerina anche ha una squadra importante, la stessa Vis Artena. Sono 4 squadre che bene o male sono livellate e ad oggi oltre al Savoia, vedo in forma la Nocerina. Chi non vedo molto compatta e pronta per i play-off è il Latina”.
- Tornando alla tua carriera, qualcuno ti ha influenzato nella scelta di diventare calciatore? “No, io ho sempre giocato a calcio per passione anche se oggi è diventato un vero e proprio lavoro. Alla fine, oggi, chi ha voglia di giocare a calcio, gioca a calcio perché ad oggi la Serie D si configura come una vecchia C2”.
- Cosa pensi del nuovo format della Coppa Italia? “Sono decisioni dei vertici. Anche se era bello vedere affrontarsi squadre minori gareggiare, confrontarsi, con il massimo del calcio italiano. Pensiamo al Pordenone che ha dimostrato, come favola, che il livello tra la Serie C e la Serie A passa sui dettagli e se non sei concentrato sui dettagli una squadra di Serie C ti può battere tranquillamente e arrivare fino alla fine”.
- Ultima domanda, ma non per importanza, ci sono dei vantaggi a essere calciatore? “Il calciatore è un vero e proprio lavoro. Ci sono vantaggi e svantaggi, un vantaggio è che puoi fare una vita un po’ più tranquilla sotto certi aspetti perché, magari, allenarsi alle tre del pomeriggio sotto il sole non è semplice, fare i weekend sempre in ritiro per concentrarsi su una partita non è semplice, mentre invece chi lavora tutta la settimana può avere un weekend più tranquillo. Insomma, ci sono molti pro e contro, sicuramente un pro per me è il fatto di lavorare con una cosa che mi appassiona”.
Michelangelo Polise
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