Se non si fossero chiamati Allegri e Mourinho, sarebbero ancora gli allenatori di Juventus e Roma?
Se non si fossero chiamati Allegri e Mourinho, sarebbero ancora gli allenatori di Juventus e Roma?
Siamo a margine della 12a giornata di Serie A, più o meno ad un terzo del torneo in cui nulla è ancora deciso, ma si inizia a delineare quella che può essere la dimensione di ogni squadra.
Arrivati a questo punto, le più grandi delusioni sono Roma e Juventus. I giallorossi occupano la sesta posizione a 19 punti e sono reduci da una rovinosa sconfitta in casa del modesto neopromosso Venezia, che chiude un rullino di 7 partite -tra campionato nazionale ed Europa League- in cui hanno raccolto solamente 5 punti; ed i bianconeri a 18 punti, che valgono l’ottavo posto in graduatoria, a pari punti ma dietro alla Fiorentina per differenza reti, team chele Zebre hanno battuto proprio nell’ultimo turno, tornando così a raccogliere i tre punti dopo due debacle consecutive al cospetto del Sassuolo (sconfitti in rimonta 2-1 all’Allianz Stadium) e dell’Hellas Verona (disfatta ancora una volta 2-1 al Marcantonio Bentegodi di Verona).

LA ROMA
I capitolini nelle prime due giornate di Serie A avevano vinto e convinto, poi nonostante avessero trionfato anche alla terza all’Olimpico contro il Sassuolo, si era iniziata ad intravedere qualcosa che non andava. Infatti, alla partita successiva è arrivata puntuale la caduta sul campo dell’Hellas Verona, scaligeri che Igor Tudor aveva appena raccolto dalle macerie lasciate da Eusebio Di Francesco. Sembrava solo un banale incidente di percorso, infatti nella gara successiva la compagine romana era tornata al successo in casa con l’Udinese, ancora una volta con molte difficoltà come con i neroverdi di Alessio Dionisi, ma anche qui non è emerso alcun malumore perché i 3 punti erano arrivati comunque. Segue la sconfitta nel Derby contro l’altalenante Lazio e l’agile vittoria con l’Empoli. Malgrado tutto, il cammino non sembra essere nenanche così male (15 punti dopo 7 gare in A), ma i problemi sono tanti e la bomba sta per scoppiare.
All’ottavo turno inizia la striscia di sette gare, che abbiamo menzionato in precedenza. Il preludio di queste è la discussa sconfitta, 1-0, tra le mura della Juventus, dopo cui José Mourinho ha alzato e non poco la voce contestando alcune decisioni arbitrali: “I tre minuti di recupero sono un qualcosa di ovvio e dimostrano chiaramente un’intenzione. Un’altra cosa è l’episodio del rigore che non voglio commentare. Non ho tutti i dati nelle mie mani, non ho visto e voglio cercare di isolarmi da questo episodio e concentrarmi su quello che la mia squadra ha fatto. Il quarto uomo mi ha detto che non esiste regola del vantaggio su calcio di rigore, a quel punto non ho più voluto discutere“.
Forse gli si può anche dare ragione sia per la spiegazione errata dell’arbitro sia perché la sua squadra avrebbe meritato di più, ma la partita successiva fa emergere tutti i limiti suoi e del suo team. Un clamoroso 6-1 subito su campo dei norvegesi del Bodo Glimt in Conference League, così commentato dal tecnico portoghese: “Un conto sono 12-13 giocatori, un conto gli altri. La nostra squadra ‘principale’ sta giocando bene, meritavamo più punti in campionato e domenica andremo a giocare con il Napoli con questa mentalità“. Con poche discutibili parole, l’ex Tottenham ha sparato a zero sulla rosa, senza assumersi alcuna responsabilità, che, però, guardando la partita emerge e come. Poiché la sua formazione iniziale era imbottita di riserve, che comunque avevano un valore più che superiore ai titolari avversari e tra il 46′ ed il 60′ ha inserito cinque calciatori da lui ritenuti titolari, che non sono riusciti a dare una svolta ed hanno subito un’imbarazzante superiorità tecnico-tattica della compagine di Kjetil Knutsen.

La Roma, forse motivata anche dalla reazione dei tifosi che l’hanno seguita fino a Bodo(distante quasi 4.000 kilometri dalla Capitale) e dagli oltre 50.000 dell’Olimpico, ha reagito e ragalato una buona prova contro il Napoli capolista, riuscendo a fermare sullo 0-0 una squadra che arrivava da 8 vittorie consecutive. Poi sono arrivati, con molta difficoltà, i tre punti in casa di un Cagliari mal ridotto e la sconfitta casalinga con il Milan, a cui però ancora una volta lo ‘Special One‘ ha dato spiegazioni quanto meno confutabili: “Se parlo, poi domenica non vado in panchina. Mi dà un po’ di rabbia la mancanza di rispetto verso i nostri tifosi“. Riferendosi ancora alla, secondo lui, discutibile direzione della gara da parte dell’arbitro. Contrarietà che l’ex Inter aveva ampiamente mostrato sul terreno di gioco, soprattutto quando ad un certo punto in seguito all’ennesima decisione non condivisa è sceso arrabbiato negli spogliatoi per non farsi espellere per proteste, come successo contro il Napoli.
L’ex coach del Chelsea continua ad aggrapparsi agli arbitri e all’organico non all’altezza, ma gli ultimi due risultati -tra coppa e Serie A- sono insipiegabili per come maturati: pareggio 2-2 con gli interpreti ‘principali’ in casa con il Bodo Glimt e sconfitta 3-2 ancora con i suoi prescelti a Venezia al cospetto del team locale. Dopo la sfida di Conference ha continuato con la serie di discussioni riguardo la direzione del match “I due rigori erano nettissimi. E così, lui (si riferisce all’arbitro Anastasios Papapetrou, ndR) adesso va tranquillo a casa, va in Grecia, nessun problema con lui però magari in Conference League gli arbitri sono scarsi“; ed in seguito a quella di campionato, oltre alla solita menzione arbitrale, Mou ha avuto il coraggio di dire dopo che sono stati venduti calciatori fuori dal suo progetto (come Under e Pau Lopez) e presi alcuni scelti da lui stesso (tipo Rui Patricio e Tammy Abraham): “Abbiamo fatto un mercato reattivo dopo aver perso giocatori di esperienza. E sono a fianco del club. Come terzini in panchina avevo solo Tripi che è un Primavera e Reynolds che ha fatto 2 partite in A. Oggi Bruno Peres sarebbe utile, oggi Juan Jesus (569′ disputati nell’intera stagione scorsa ndr.) sarebbe utile. Non è una critica alla mia società ma abbiamo una rosa squilibrata“.
Mourinho, però, non si sofferma mai sul fatto che la sua squadra non ha un’idea di gioco ed è squlibrata più che per rosa, perché il centrocampo non riesce a fare filtro dato che lui non è riuscito a dare alla sua squadra ‘un’anima‘.
Poi sulla qualità dei calciatori si può discutere, lo si può fare anche riguardo arbitraggi rivedibili, ma se non si fosse chiamato ‘Josè Mourinho‘ e non percepisse 9,17 milioni di euro lordi (così ‘pochi’ grazie al decreto crescita ed ai 7 fino al 2022 che gli verserà il Tottenham) fino al 2024 ora sarebbe ancora sulla panchina della Roma?
LA JUVENTUS
Discorso simile per Massimiliano Allegri, che questa estate ha siglato un contratto fino al 2025 da 9 milioni di euro netti a stagione e si sta rivelando, finora, il più grande fallimento della Vecchia Signora.
Il tecnico livornese, dopo aver vinto tutto in Italia tra il 2014 ed il 2019 con i bianconeri, è stato esonerato, decisione presa -come dal tecnico rivelato- dal presidente Andrea Agnelli perché non bastava più vincere, ma volevano arrivarci attraverso il ‘bel gioco’. Cosa che il mister ex Milan ha definito più volte come uno spettacolo da circo. Per effettuare questo cambiamento il team torinese ha puntato su Maurizio Sarri, che ha incantato nei suoi tre anni a Napoli ed ha ricevuto complimenti da tutto il mondo per io che dimostrava la sua squadra sul campo. Inoltre, al suo primo anno al Chelsea, ha riportato i Blues in Champions League ed ha trionfato in Europa League, vincendo la finale 4-1 contro l’Arsenal di Unai Emery.
Il coach di Figline Valdarno, però, dopo una sola tormentata stagione -anche causa stop per la pandemia da Coronavirus-, è stato cacciato nonostante avesse comunque vinto lo scudetto, ma pare siano stati decisivi alcuni suoi comportamenti e la ciliegina finale sarebbe stata l’eliminazione agli ottavi di Champions League contro il Lione. Maurizio si è poi sfogato ai microfoni di Sportitalia e le sue parole hanno evidenziato ancor di più quanto sia stato errato chiamarlo per farlo diventare l’allenatore della Juventus e non avergli dato tempo per lavorare affinché avesse potuto costruire un nuovo ciclo, poiché in ogni team in cui è stato i risultati si sono stati sempre ottenuti nel lungo periodo e non immediatamente: “Io a metà ottobre ho fatto una riunione con lo staff, ho detto loro di scegliere. La mia domanda era: andiamo a dritto per la nostra strada e andiamo a casa tra 20-30 giorni o facciamo compromessi e vinciamo lo Scudetto sapendo che saremmo andati a casa lo stesso? Abbiamo provato a vincere lo Scudetto lo stesso“.
Dopo di lui, la dirigenza del club piemontese ha fatto un’altra scelta azzardata: Andrea Pirlo, che alla sua prima esperienza in assoluto si è seduto sulla panchina dei Campioni d’Italia. Arrivato in pompa magna, elogiato dalla maggior parte della stampa per la sua potenziale varietà di proposte, che si sarebbe bastato su un ‘calcio liquido’ ed un modulo per la fase di costruzione a con la difesa a tre e di non possesso a quattro. Ma ne è venuta fuori una squadra senza anima e con spesso calciatori fuori ruolo: vedi per esempio Federico Bernardeschi terzino sinistro o Aaron Ramsey esterno di centrocampo a sinistra. Comunque è riuscito a vincere una Supercoppa e ad arrivare fortunosamente alla qualificazione in Champions League all’ultimo respiro.
Altra annata deludente, ‘il Maestro’ viene esonerato ed avvengono anche cambiamenti in dirigenza, ma si torna alle origini: viene richiamato Massimiliano Allegri. Tornato tra la felicità generale, ma per lui il tempo sembra essersi fermato a quando ha smesso allenare la Vecchia Signora ed il suo calcio non ha avuto alcuna evoluzione. Questo, però, già si percepiva dalle sue parole rilasciate a Sky, qualche tempo fa, prima di tornare in pista: “Da un annetto non guardavo più partite, ora le sto rivedendo per capire se mi immedesimavo nell’allenatore. Nel calcio devi vincere, non bisogna far tanto“.

Tutto questo si è poi ripercosso in campo e la sua compagine è una dei più grandi flop al momento. Perché se in Champions League sta andando tutto per il verso giusto (4 vittorie su 4 sfide disputate), dato che per loro conta solo la vittoria, in campionato non è così. Partendo dalle prime quattro, dal pareggio subito in rimonta da 2-0 a 2-2 in casa dell’Udinese, alla sconfitta interna con l’Empoli, 1-0, e quella tra le mura del Napoli, 2-1, fino al pareggio dell’Allianz Stadium con il Milan, 1-1. Quella con il gruppo di Aurelio Andreazzoli spiegata poi così dall’ex coach del Cagliari: “Siamo una squadra giovane, troveremo l’equilibrio magari anche con un pizzico di fortuna in più”. Peccato che l’età media della rosa dei toscani sia 25.3 anni e quella della Vecchia Signora ‘solamente’ 27.4 anni (dato Transfermarkt). Poi si sono conseguite quattro vittorie di fila, di ‘corto muso’ come piace ad Allegri (con un gol di scarto), ed un pareggio, 1-1, a San Siro contro l’Inter.
Dopo mille polemiche per la falsa partenza, le Zebre sembravano essersi riprese, ma due sconfitte consecutive con Sassuolo ed Hellas Verona hanno fatto emergere tutte le mancanze di una squadra senza gioco, che punta solamente a difendersi con un baricentro molto basso e a ripartire in velocità, modalità che ha pagato nel primo ciclo allegriano, ma il calcio sembra essersi evoluto e questo tipo di gioco potrebbe non pagare più. La cosa che fa più rabbrividire è la spiegazione delle sconfitte da parte di Max: “Noi abbiamo perso tanti duelli aerei, tanti contrasti, hanno fatto più falli loro di noi: è giusto che il Verona abbia vinto la partita. Anche col Sassuolo abbiamo vinto pochi contrasti. Il calcio non è fioretto, è fatto di contrasti, duelli aerei e qualità“.
Inoltre, Allegri è stato criticato da qualcuno per la gestione di Federico Chiesa e Matthijs de Ligt. L’esterno ed il difensore centrale sono ritenuti tra i più forti della rosa e sono stati impiegati rispettivamente solo 619′ minuti il primo e 662′ il secondo su 1.080′ a disposizione in Serie A. Il tecnico ha spiegato la scelta sull’italiano: “Chiesa ha delle qualità straordinarie, cioè il puntare e il tirare. Ma deve metterci poi anche smarcamento, smarcamento senza palla, non giocare tutte le palle a cento all’ora” e sull’olandese invece si è espresso così: “Ha 22 anni, è un giocatore molto bravo. Ma tutte le cose nel calcio quando le vivi con un entusiasmo che ti travolge perdi di lucidità. Quando è arrivato alla Juventus si è parlato di lui come di futuro Pallone d’Oro, ma ci vuole calma. Ha qualità importanti ma deve migliorare, Chiellini a 20 anni era come De Ligt, forse peggio… Poi a 27-28 anni è diventato un calciatore serio. C’è un percorso normale, per tutti: nessuno nasce imparato. Poi ci sono le eccezioni, ma ce n’è una, la normalità è un’altra“.
Insomma, il problema per Massimiliano sembravano essere gli elementi più giovani della rosa, nonostante nel resto d’Europa siano titolari calciatori giovanissimi in club di un certo livello come Gavi (17 anni, classe 2004) nel Barcellona e Jamal Musiala (18 anni, classe 2003) nel Bayern Monaco. E tutt’ora appare esserci un pregiudizio ed il suo pensiero lo ha ben espresso in una delle ultime conferenze stampa: “I ragazzi devono fare un percorso perché altrimenti c’è il rischio di perderli per strada: sono pochi quelli che diventano fenomeni a 20 anni, la maturità viene raggiunta sui 25 o 26 anni. Bisogna fare come si faceva 30 anni fa, prima la Serie C, poi la B e poi, infine, la A. La crescita deve essere questa, non bisogna inventarsi nulla”.
Nell’ultima giornata, malgrado l’infima prestazione, i bianconeri hanno vinto 1-0 con la Fiorentina allo scadere e potrebbe essere che da qui parta la rimonta juventina, come paventato da qualcuno che ricorda la stagione della Vecchia Signora 2015/16 quando c’era stata una partenza a rilento, ma 15 successi consecutive avevano portato poi la Juve a riprendersi ed a vincere lo scudetto. Per quanto visto almeno finora pare improbabile.
Quindi, le domande che incombono, come nella situazione precedente di José Mourinho, se fosse stato un altro allenatore, il tecnico livornese sarebbe ancora ben saldo sulla panchina del club torinese? Ed oltre al loro blasone per i trionfi ottenuti in precedenza, nelle scelte prese dalle rispettive società quanto pesano eventuali ingaggi pesanti, da pagare ‘a vuoto’, sulle casse di club già con bilanci gravemente in rosso?
Foto copertina: Highlights Juventus-Roma Dom 17 ott DAZN
Alfonso Oliva
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