Perché il Napoli dovrebbe cambiare il proprio stemma
NUOVO STEMMA – “Io l’ho detto molte volte ai miei: recuperiamo il cavallo che è il simbolo pure della Ferrari e della Porsche. Se vogliamo volare alto dobbiamo inserire un cavallo rampante sulla nuova maglia del Napoli, come simbolo, insieme alla famosa N cerchiata”.
Queste le parole di Aurelio De Laurentiis che, di fatto, annunciano una strategia di rebranding per la SSC Napoli.
Come suddetto nel virgolettato, l’idea è quella di riprendere un simbolo che il grande Ascarelli pose al centro dello scudetto del Napoli nel 1926.
Stiamo parlando del cavallo rampante, il Corsiero del Sole, simbolo di Napoli durante il Regno delle Due Sicilie, ma anche dell’intero Regno peninsulare Napolitano.
Così come il Triscele siciliano, anche Napoli aveva un simbolo tutto suo, che il grande presidente Ascarelli volle richiamare nello stemma della sua società.
Come si arrivò al corsiero del sole?
Prima dell’agosto del 1926, esistevano due squadre della città: Naples e Internazionale Napoli.
Il primo aveva uno stemma circolare con un background a strisce azzurre e blu e al centro una sigla con scritto FBC, a sua volta sovrapposto da una N. Il tutto formava un monogramma corsivo di colore oro. I colori forse volevano richiamare il cielo e il mare della città o lo stemma dei Borbone.
Il secondo stemma invece, era anche esso circolare ma con un fondo blu. Al centro si leggono le iniziali IN, poi tramutate in USI, entrambi di colore bianco.
Ascarelli ebbe il merito di unire queste due società nell’Internaples, il cui stemma era un rombo azzurro con i bordi bianchi, nei quali compariva la scritta UNIONE SPORTIVA INTERNAPLES, con la N sulla parte bassa del rombo. Al centro dello stemma, sempre in oro, era posizionata la sigla USI, le cui lettere erano sovrapposte ed elegantemente intrecciate tra loro.
Di questo stemma esisteva anche una variante porpora. L’emblema con questo colore inaspettato, venne utilizzato per la realizzazione di una serie di distintivi a spilla.
Nel 1926 ci fu il punto di svolta. L’inglesismo Internaples venne sostituito con Associazione Calcio Napoli. Da lì a poco venne creato il buco stemma un ovale azzurro contornato d’oro, con, al centro un cavallo rampante posto su un pallone da calcio e contornato dalle iniziali della società: A C N.
L’incredibile storia del cavallo rampante
Il cavallo posto al centro dello stemma era un vero e proprio simbolo per Napoli. L’equino protagonista ha una vasta gamma di storie che lo accompagnano.
Lo storico Giovanni Antonio Summonte, nella sua opera Historia della Città e Regno di Napoli, parla di due possibili ipotesi legate al mondo della mitologia greca.
La prima racconta di un litigio tra Atena e Poseidone per la concessione dell’Attica. Atena ebbe la meglio e i neapolitani per dimostrare vicinanza al Dio del mare, scelsero il cavallo come simbolo.
La seconda ipotesi è connessa al culto dei Dioscuri Castore e Polluce, molto diffuso nell’antica Neapolis e in Magna Grecia: il primo degli eroici gemelli, infatti, era, secondo il mito, un domatore di cavalli.
La grossa statua di bronzo che raffigurava il Corsiero del Sole, posta su un podio a piazza Riario vicino alla Basilica di Santa Restituita, creò perplessità a Summonte.
Secondo la leggenda il monumento sarebbe stato fatto forgiare da Virgilio che, al Corsiero, avrebbe trasfuso la propria magia, al fine di renderlo capace di curare tutti i cavalli della città, che erano stati colpiti da un terribile morbo, divenendo così simbolo della città di Napoli, tanto che era presente nella monetazione che Federico II coniò a Napoli, così come sull’araldica legata alla città.
La storia racconta che ci fu un’offensiva di Corrado IV di Svevia che, dopo un’incredibile resistenza del popolo napoletano, riuscì a conquistare la città. In un’epigrafe si legge che il Re di Gerusalemme avesse voluto mettere simbolicamente un freno alla bocca del cavallo, con questo atto si sanciva la sottomissione del indomabile popolo napoletano.
Il Cavallo venne utilizzato anche per come stemma della nascente Provincia di Napoli, a simboleggiare il declassamento dell’antica Nazione Napolitana a rango, appunto, di provincia, dopo l’invasione dei Savoia.
Il simbolo trova origine anche nella dalla pregiata razza equina napolitana, allevata principalmente a Napoli. I cavalli napolitani erano conosciuti in tutto il mondo per la loro eleganza, il portamento fiero e l’incedere maestoso.
Storia interessante è anche quella che abbraccia la religione.
Il 1631 venne consacrato San Gennaro come patrono di Napoli, a seguito del miracolo legato all’eruzione del Vesuvio. Il culto del patrono necessitava di nuovi spazi, non solo fisici: il santo venne infatti utilizzato come leva per scalzare definitivamente le credenze pagane che continuavano a sussistere all’ombra della Chiesa. Gli venne dedicato il grande obelisco a piazza Riario. Così il bronzo utilizzato per la statua del cavallo venne fuso per realizzare le campane del Duomo.
La leggenda vuole che quando le campane suonano si sente il nitrito di un cavallo.
Perchè poi il ciuccio?
Nel 1926 il Napoli fece la sua prima apparizione a quello che era il primo campionato nazionale.
Le squadre del nord erano nettamente più forti. I partenopei finirono il campionato con 17 sconfitte, un pareggio e girone e un ripescaggio che scongiurò la retrocessione.
A via Santa Brigida nel bar Brasiliano poi chiamatosi Pippone, Raffaele Striano, sostenitore degli azzurri, esclamò: «Ma quale cavallo rampante?! Stà squadra nostra me pare ‘o ciuccio ‘e Fechella: trentatre chiaie e ‘a coda fraceta» («A me sembra l’asino di Fechella: trentatré piaghe e la coda marcia.»). Fichella non era altro che un personaggio popolare, che badava ad un trasandato asino.
Di li a poco, i giornali di Napoli diffondono la figura invocata dal signor Striano, paragonandola al Napoli.
Da quel momento il cavallo rampante simbolo dell’impetuosità e indomabilità del popolo partenopeo, si trasformò nell’allegria folcloristica del tempo.
Episodio cardine fu un 2-2 contro la Juventus, dopo una grande rimonta Alla conclusione della partita, infatti, fu fatto sfilare, sul terreno di gioco, un asino con un nastro azzurro e con un cartello recante la scritta: «Ciuccio, fa’ tu!», divenendo un portafortuna che simboleggiava l’orgoglio e la capacità di rialzarsi dopo essersi trovati in difficoltà.
Il ciuccio rimase come simbolo, addirittura nella stagione 1982/83 venne incorporato nello stemma. Era il Napoli di Rudy Krol quando la N diventò il corpo del ciuccio.
N che dal 1928 fino ad oggi accompagna il Napoli e il suo logo.
La N napoleonica richiama il periodo napoleonico della città durato soli dieci anni. Essa fu scelta probabilmente per accontentare un vizio della moglie del presidente grande appassionata della figura dell’Imperatore.
Infatti nel 1940 fu posta al centro di uno scudo francese antico. Poi tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, il Napoli utilizzò uno stemma detto “a botte”, ovvero uno scudo ovaletagliato alle estremità inferiore e superiore.
Dopo la sua prima Coppa Italia nel 1962, ci fu una timida ripresa della figura equestre. Il cavallo era in oro e poggiava su sulla coccarda distintiva della squadra detentrice della Coppa Italia. Il tutto era inserito in un ovale, dal fondo azzurro e dal bordo dorato, sormontato dai cinque cerchi olimpici. Il complesso di figure era collocato su uno scudo francese antico. Agli angoli alti dello stemma erano collocate le iniziali A e C, mentre in punta campeggiava, in maiuscolo, la scritta NAPOLI, con le lettere allungate verso il basso, a seguire la forma dello scudo.
Stemma del Napoli 1962-1963
Nel 64 però, il nome della società mutò in Società Sportiva Calcio Napoli. Ciò obbligò al cambio di stemma. Venne introdotto uno stemma provvisorio, poi semplificato ulteriormente.
Corrado Ferlaino si autoproclamava l’ultimo dei Borbone. Ragion per cui volle richiamare lo stemma delle due Sicilie unendo il simbolo della famiglia Borbone-D’Angiò, con lo stemma delle due Sicilie.
Ma in seguito all’intervento della Federazione, contraria all’iniziativa, la dirigenza del club fu costretta a non avvalersi più dello stemma reale.
Nel corso degli anni non ci furono più variazioni importanti, ma il logo del Napoli restò bene o male quello che tutt’oggi conosciamo. L’ultimo restailing è stato fatto da De Laurentiis nel 2007.
È possibile migliorare lo stemma del Napoli?
Il mondo del calcio ha dato tanti spunti su come migliorare i propri loghi. Il Cagliari per esempio mette in primo piano i 4 mori, l’Atletico Madrid che evidenzia meglio l’orso e il corbezzolo simboli della città. Completamente differente la strategia della Juventus che semplifica al massimo il suo stemma.
Le caratteristiche di un logo perfetto sono racchiuse in diverse parole:
- Semplicità
- Originalità
- Riconoscibilità
- Memorabilità
Forse solo 2 dei 4 requisiti sono soddisfatti nel caso del Napoli, la semplicità e la riconoscibilità. Manca l’aspettò originale e memorabile, che sicuramente il Corsiero del Sole può dare, senza necessariamente stravolgere il tutto.
Ricordiamo che il logo attuale è un concetto di 90 anni fa arrivato ormai al 10º restyling e lo stile napoleonico della N rispecchia poco l’identità di Napoli se non per il fatto che è una N. Essendo così semplicistico non ha neanche una alta percentuale di riconoscibilità.
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