Napoli siamo al capolinea

Napoli siamo al capolinea

Foto di paroladeltifoso.it

Il Napoli esce dal Carlo Castellani di Empoli con le ossa rotte. Sono bastati 7′ minuti per subire tre gol, far tornare alla vittoria la squadra di casa dopo 16 partite (8 pareggi e 8 sconfitte) e sgretolare tutte le ambizioni dei tifosi: sogno Scudetto definitivamente infranto e qualificazione alla Champions League messa in discussione. Mancano quattro partite (potenzialmente 12 punti) al termine del campionato e gli azzurri sono +9 dalla Roma quinta. In teoria, se i giallorossi dovessero perdere contro il Bologna e al contempo il Napoli dovesse vincere con il Sassuolo, la qualificazione sarebbe in cassaforte.

Ma con i se e con i ma non si va da nessuna parte e anche Aurelio De Laurentiis lo sa. Il patron decide quindi di mandare la squadra in ritiro “permanente“, ciò significa che -a meno di nuove disposizioni- sarà fino al termine del torneo, il 22 maggio.
Un mese -come scritto sul comunicato ufficiale del Napoli– per “Riunioni di teoria e valutazioni delle prossime partite, come sempre fatto. Il tutto integrato, e questa è la novità, da incontri serali a cena per aprirsi maggiormente su eventuali criticità, problematiche, incomprensioni, qualità di gioco, tutto per massimizzare l’eccellente qualità dei nostri calciatori dimostrata nella prima parte della stagione“, oltre ai consueti allenamenti.

Per tutti i tifosi e per i calciatori che vestivano la casacca azzurra già nella stagione 2019/20 è come un déjà-vu. Un orribile remake di una situazione che ha portato prima al famoso ‘ammutinamento’ e poi all’esonero di Carlo Ancelotti il 12 dicembre 2019.

È vero, ieri la compagine guidata da Luciano Spalletti ha toccato forse il punto più basso, proprio da quel momento appena citato. Ma dagli errori si impara e il ritiro non probabilmente non era ciò che serviva. Perché sono cambiati tre allenatori: prima Ancelotti, poi Gennaro Gattuso e ora Spalletti ma la situazione non è cambiata. Perché la squadra è più o meno sempre la stessa. Sia in campo che in dirigenza. E non c’è stata la ‘rinfodazione’ tanto acclamata, ma adesso è arrivato davvero il momento.

Perché De Laurentiis già martedì aveva chiesto spiegazioni in un incontro privato al tecnico di Certaldo, sul perché di certi risultati e dei tanti infortuni muscolari. Ma siamo sempre al solito punto. Perché insieme ai mister sono cambiati anche gli staff e nonostante ciò, non si riesce a dare una svolta.

Ma si, le 8 vittorie nelle prime 8 partite di campionato avevano dato tante speranze. In un campionato apertissimo, in cui nessuna squadra ha mai spiccato il volo. Ma il Napoli da due mesi a questa parte non riesce più a fornire le prestazioni brillanti della prima parte di stagione -anche se in alcune partite il risultato lo ha portato comunque a casa-.

Contro l’Empoli però non ci è riuscito. Malgrado un buon inizio di partita, i toscani hanno dominato in lungo e in largo. I due gol di svantaggio sono arrivati solo per la differenza di tasso tecnico e non per quello mostrato in campo. Partendo dalla prestazione collettiva della squadra, arrivando poi agli errori imbarazzanti dei singoli (vedi soprattutto quelli di Meret, Malcuit e Rrahmani). Ed uno Spalletti in panchina inerme. Rassegnato. Come se non riuscisse a capire cosa stava succedendo. Arrabbiatissimo ha macinato kilometri davanti alla sua panchina. E tra una disposizione e l’altra ai suoi, teneva la testa china dando segnale di non sapere cosa fare.

Si perché molte delle colpe vanno attribuite alla società ed ai calciatori. Ma per quanto sta succedendo alla squadra anche a Spalletti. Che troppo tardi ha capito di dover mettere in campo Dries Mertens trequartista a sostegno di Victor Osimhen e poi -non solo conto l’Empoli– sbaglia i cambi: toglie i migliori in campo fino a quel momento, Lozano e Mertens per inserire prima un invisibile Zielinski e poi uno spento Politano. E li fa tardivamente: ancora una volta il primo solo al 69′ minuto.

Ma d’altronde il 10 dicembre era arrivata la benedizione di ADL “Luciano è il miglior allenatore che io abbia mai avuto” ed ancor prima -ad inizio stagione- il tecnico stesso rivelò: “Il Napoli è forte, sono curioso di entrarci dentro il prima possibile per capire quanto ne sia consapevole. Essere forte, se non sai di esserlo, a volte non completa quello che deve essere il tuo comportamento. Me ne renderò conto strada facendo, da quando me l’hanno detto che sarei stato l’allenatore del Napoli non gli ho levato gli occhi di dosso. È una squadra che mi piace, che mi somiglia, ma poi dobbiamo darci dentro“.

Una squadra forte che rispetto alla stagione precedente -sotanzialmente- ha cambiato solo André Frank Zambo Anguissa per Tiémoué Bakayoko. Per il resto non ha toccato praticamente nulla. Perché le aggiunte di Adam Ounas e quella di Axel Tuanzebe non hanno apportato niente di significativo alla squadra. E infatti alla 34esima giornata, il Napoli di Spalletti ha gli stessi punti di quelli di quella di Gattuso: 67. Solo che lo scorso anno questo punteggio valeva il quinto posto e non il terzo. Inoltre, entrambe sono state eliminate dall’Europa League e dalla Coppa Italia, nonostante ad un certo punto sembrava che quelcosa fosse cambiato. Che la mentalità portata dal mister ex Inter fosse quella vincente, che avrebbe permesso di raggiungere traguardi importanti. Ma quasi sicuramente, almeno per quest’anno, così non sarà.

E ora, quella che sembrava indiscutibile, la posizione proprio di Spalletti, non lo è più. Ma non bisogna fare lo stesso errore caro Napoli. Punta tutto sull’allenatore e rivoluziona la rosa e la struttura societaria. Solo così si può ripartire alla grande la prossima stagione e si cambierà strada, sperando sta volta di aver intrapreso quella giusta.

Alfonso Oliva

Start typing and press Enter to search