Mondiale 2022: parola d’ordine sfruttamento della forza lavoro

Lo scorso 2 dicembre 2010, nella sede principale della FIFA, a Zurigo, è stata assegnata l’edizione dei Mondiali 2022 al Qatar, per la prima volta un paese del Medio Oriente. Il torneo si svolgerà tra il 21 novembre ed il 18 dicembre in otto stadi, sparsi in cinque differenti città: a Doha gli stadi Education City, Ras Abu Aboud e Ras Abu Aboud; ad Al Wakrah l’impianto Al Janoub; a Lusail l’Iconico; ad Al Khor l’Al-Bayt (sede della partita inaugurale) e ad Ar Rayyan l’Ahmed bin Ali, l’Education City e l’Internazionale Khalifa.

L’unico impianto già pronto è proprio quest’ultimo, poi è stato ampliato l’Ahmed bin Ali ed i restanti sono tutti in costruzione. Per creare un ambiente confortevole per i tifosi, saranno installati impianti di raffreddamento ad emissione zero in grado di tenere la temperatura non superiore ai 27°C. Inoltre, per agevolare lo spostamento dei supporter, giornalisti ed addetti ai lavori è stata creata una nuova rete metropolitana da 320km per collegare tutti gli stadi, che potranno essere facilmente raggiunti anche attraverso taxi d’acqua e con altri mezzi in autostrada.

Foto: Instagram nsssports
In foto l’Al Bayt Stadium di Al Khor

LA POLEMICA: CHI HA REALIZZATO GLI STADI E COSA STA SUCCEDENDO?

Se i dubbi sulla regolarità del sorteggio che ha portato all’assegnazione dei Mondiali al paese del Golfo sono sin dall’inizio, in seguito, nel giugno 2014, The Sunday Times ha accusato Mohamed bin Hammam, ex presidente di Qatar e Asian Football Association, di aver pilotato il sorteggio elargendo numerose tangenti. La FIFA in seguito ha smentito tutto, ma il quotidiano inglese quattro anni dopo è tornato alla carica sulla questione e Michel Platini, ex presidente UEFA, è stato anche arrestato, ma poco dopo rilasciato. Non mancano le polemiche anche riguardo agli operai che hanno e stanno ancora lavorando alla costruzione degli impianti protagonisti di Qatar 2022. Infatti, sembra che i lavoratori siano immigrati irregolari soprattutto da Nepal, Bangladesh, India e Pakistan e che svolgono la loro mansione senza alcun rispetto dei diritti sui lavoratori, venendo quindi sfruttati.

Nonostante alla questione, inizialmente, non sia stato dato peso e la FIFA, comitato organizzatore dei Mondiali, ha cercato di insabbiare la situazione con un semplice “La salute, le sicurezza e la dignità di ogni lavoratore che contribuisce allo sviluppo dei Mondiali devono essere di massima importanza per il nostro comitato“, la questione è stata approfondita.

Amnesty International, organizzazione internazionale che lotta contro le ingiustizie ed in difesa dei diritti umani nel mondo, ha creato una petizione, firmata da 16.027 persone, per aiutare migliaia operai che -come si legge- “vengono sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli“. L’associazione vorrebbe così che la FIFA denunci gli sfruttamenti sul lavoro per dare una svolta alle condizioni dei lavoratori migranti. Inoltre, il gruppo fondato a Londra nel luglio del 1961 Peter Benenson denuncia come le morti non siano chiare e ne porta all’attenzione sei di queste, di salariati che “godevano di ottima salute e avevano superato gli esami medici obbligatori“:

Manjur Kha Pathan, deceduto nel suo alloggio prima dell’arrivo dei soccorsi ed in precedenza si era lamentato del malfunzionamento dell’impianto di area condizionata nel suo camion; Sujan Miah, trovato morto nel suo letto e nei giorni precedenti aveva lavorato ad una temperatura di oltre 40 gradi; Tul Bahadur Gharti, morto nel sonno ed era stato all’opera con turni di oltre dieci ore a condizioni termiche che superavano i 39 gradi; Suman Miah, deceduto dopo aver lavorato con un clima superiore a 38 gradi, la famiglia è stata risarcita dal governo del Bangladesh con 3.000€ e la somma è stata utilizzata per pagare alcuni debitori; Yam Bahadur Rana, guardia di sicurezza in un Aereoporto con lunghi turni seduto sotto al sole; e Mohammad Koachan Khan, intonacatore trovato morto nel suo letto, famiglia risarcita dal governo Bangladesh e somma usata per sanare vecchi debiti.

Foto: amnesty.it
Mondiale 2022: parola d’ordine sfruttamento della forza lavoro


Tornando alla condizione generale degli operai, ha indagato soprattutto Pete Pattisson, giornalista di The Guardian, che ha raccolto testimonianze di lavoratori nepalesi, costretti a vivere in condizioni precarie e con condizioni igieniche inesistenti pur di tenersi la loro occupazione. Lavoro che non possono lasciare poiché hanno la famiglia da mantenere nel loro paese e/o un alto debito da ripagare ai mediatori, ovvero coloro che li hanno portati in Qatar da clandestini e gli hanno procurato il lavoro con la promessa che fossero ricompensati con un buon stipendio.

Già nel 2009, l’Indipendent si è occupato della faccenda (poiché non riguarda solo i gli operai dei cantieri relativi a Qatar 2022, ma a quelli di tutto il paese), aggiungendo che non solo spesso la paga effettiva era inferiore a quella pattuita inizialmente, ma che i datori di lavoro trattenessero una parte del compenso inizialmente per far sì che il lavoratore non lasciasse la propria mansione. Fino allo scorso dicembre 2021, stando a quanto riportato proprio dal The Guardian, le morti ufficiali -collegate a lavori per Qatar 2022- fossero 6.500, ma pare che in realtà la cifra sia più alta.

La situazione è stata presa a cuore dal Tromsø Idrettslag, militante in Eliteserien (massima divisione del campionato norvegese), che ha creato una divisa per denunciare le condizioni disumane dei lavoratori migranti e dei diritti umani non rispettati. Il tutto avvenuto in collaborazione con Amnesty International e Malcolm Bidali, l’ex lavoratore migrante del Kenya arrestato per aver denunciato sul suo blog le condizioni degli operai in Qatar. Sulla casacca è stato implementato un codice QR che, se scannerizzato, porta ad una pagina che contiene informazioni dettagliate sulla faccenda. Il team ha poi commentato attraverso i social: “Il denaro ha ancora la meglio sui diritti umani e sulle vite umane. Quante violazioni dei diritti umani ci vorranno prima che la comunità calcistica si unisca per chiedere una migliore protezione per i lavoratori migranti?“.

Foto: Instagram Tromsoil
Mondiale 2022: parola d’ordine sfruttamento della forza lavoro



Il club di Tromsø, a nord del Circolo Polare Artico, aveva votato, lo scorso giugno 2021, a favore del boicottaggio di Qatar 2022 poiché per loro era come “giocare nei cimiteri“, con la disputa dell’evento, come ribadito dal portavoce dell’organizzazione dei tifosi norvegesi, Ole Kristian Sandvik, ma la federcalcio Norvegese si è opposta. Infatti, si era tenuto un congresso straordinario della Norges Fotballforbund, ma hanno vinto i favorevoli alla partecipazione della nazionale alla Coppa del Mondo con 368 voti favorevoli contro i 121 contrari.

Foto: Instagram Tromsoil
Mondiale 2022: parola d’ordine sfruttamento della forza lavoro



Però, nel marzo 2021 la formazione maschile rappresentate della città della Tigre (Tigerstaden) si era schierata a favore dei diritti dei lavoratori in occasione della partita di qualificazione al Mondiale contro Gibilterra: prima del calcio d’inizio i calciatori avevano indossato una t-shirt bianca con una scritta nera “Human rights On and off the pitch” (diritti umani sul campo e fuori). Anche in altre occasioni, i norvegesi si sono dimostrati vicini a questa campagna, prima delle sfide con Olanda e Lettonia disputatesi lo scorso settembre 2021, mostrando, prima del calcio d’inizio, uno striscione con su scritto lo slogan precedente ed in aggiunta “Fair play for migrant workers!

Foto: Instagram fotballandslaget
Mondiale 2022: parola d’ordine sfruttamento della forza lavoro

Sarà stata un’operazione di marketing o credevano davvero in ciò che facevano, chissà. Ma intanto quel che è certo è che i lavoratori sfruttati sono troppi e che Qatar 2022 porterà con sé tanti dubbi, anche dopo la fine dell’evento.

Foto copertina: Instagram fotballandslaget

Alfonso Oliva

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