Miglior settore giovanile calcio europeo, tra i primi 20 nemmeno uno è italiano

primavera-grande-681x432Tra i migliori settori giovanili del calcio europeo non c’è nemmeno una società italiana. E’ quanto emerge dall’analisi dei dati di uno studio dell’osservatorio calcistico svizzero del CIES che adotta come principio il numero di giocatori cresciuti in un determinato club che al momento giocano in quello stesso club o in un club professionistico presente in uno dei 31 principali paesi europei.

A sorpresa è il Partizan Belgrado il club maggiormente in grado di sfornare talenti nei 31 paesi presi in esame, con ben 78 giocatori di cui 13 impegnati nella prima squadra, seguiti dall’Ajax con 75 e dal Barcellona con 62.

A livello europeo, come noto, il calcio giovanile è sempre più importante, anche perchè gli investimenti ad esso dedicati sono completamente “scaricabili” ai fini del Fair play finanziario.

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Barcellona che invece risulta essere il club più prolifico in questo senso per quanto riguarda i primi 5 campionati europei (Spagna, Inghilterra, Germania, Italia e Francia). Sono ben 34 i giocatori cresciuti nella Masia blaugrana che in questo momento sono impegnati in una delle squadre che giocano nei primi 5 campionati europei.

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Per “giocatore cresciuto in un settore giovanile” in particolare si intende – come da definizione Uefa – colui che per 3 anni dai 15 ai 21 è stato tesserato per una determinata società.

In questo senso non può che stupire la scarsissima rilevanza del calcio italiano che piazza solamente l’Inter all’undicesimo posto nella classifica che comprende solo i 5 campionati maggiori mentre l’Atalanta è al diciottesimo posto (un risultato che ha tratti di prestigio se si considera che vale come quello del Bayern di Monaco).

Nella top ten europea figurano 4 club spagnoli (oltre al Barça anche Real Madrid, Atletico Bilbao e Real Sociedad) ma il record nazionale spetta alla Francia con 5: Lione, Rennes, Bordeaux, Psg e Tolosa.

Il risultato deludente dell’Italia è facilmente spiegabile con alcuni aspetti socio-economici oltre che tipicamente legati alla nostra cultura calcistica.

Dati impietosi che sembrano suggerire a quei genitori che – come stiamo scrivendo in questi giorni su CF – pensano che sia utile pagare i club o sponsorizzarli per ottenere un trattamento di favore per i figli, di mandare i propri baby fenomeni a giocare in Serbia: lì hanno un futuro quasi assicurato.

Il primo è che il nostro non è un mercato d’esportazione. Per un calciatore italiano è normale pensare all’avventura all’estero una volta affermatosi ad un certo livello. I casi di emigranti del pallone non mancano ma sono assai limitati rispetto ad altri paesi europei.

Il secondo è che lo sbocco di mercato naturale per chi dopo un settore giovanile prestigioso non trova spazio in categorie alte è la discesa di livello. Una discesa che è sinonimo di abbandono e scelta di una diversa strada professionale per la propria vita.

Se per un calciatore serbo (giusto per stare all’esempio del Partizan) è normale emigrare in qualsiasi paese in grado di offrirgli una collocazione, da noi la strada dell’estero viene vissuta come una bocciatura più di quanto non lo sia una discesa in Serie D (che comunque alla fine è una bocciatura di fatto.

Il terzo è che il nostro rimane un mercato d’importazione nonostante la crisi gli spazi per i giocatori italiani sono assai limitati. Lo stesso CIES in un altro studio aveva rilevato come in Italia giochino solo l’8,6% dei giocatori cresciuti nel settore giovanile della squadra in cui stanno giocando.

L’attenzione al settore giovanile da tutti auspicata rimane nelle parole e non nei fatti. E non si tratta qui di un discorso legato alle nazionali che rappresentano comunque la punta dell’iceberg, ma del calcio come sbocco professionale di chi è stato allevato calcisticamente in Italia.

Le possibilità sono risicate, e se in paesi come l’Inghilterra (che da questo punto di vista sono molto simili a noi) fanno addirittura peggio con solo il 7,7% di giocatori cresciuti nei settori giovanili impiegati in Premier league, vi sono esempi virtuosi come la Spagna dove un quinto dei giocatori in rosa nelle squadre della Liga viene dal settore giovanile.

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