Le Bombe di Giovanni Pisano – L’allenatore porta sponsor non fa più notizia, “pago quindi alleno”

calcioscommesse-giro-affari-681x419Pago quindi alleno, pago quindi gioco. L’allenatore porta sponsor non fa più notizia. A scriverlo, dopo le ultime rivelazioni del Corriere della sera è oggi anche il dorso bresciano dello stesso giornale in un articolo firmato da Carlos Passerini e Luca Bertelli. 

L’allenatore con la valigetta, non solo con la lavagnetta, nei dilettanti non fa più notizia – scrive il Corriere della sera di Brescia. Dalla D fino a volte alla Terza esiste chi, per sedersi in panchina, convince in estate le società portando in dote uno sponsor, piccolo o grande che sia. Brescia non ne è esente, i casi ci sono stati e continuano a persistere. Diversi club finiscono per scendere a compromessi pensando prima a far tornare i conti, precari”.

Curioso davvero, il destino di questa storia: gli allenatori sponsor non fanno più notizia prima ancora di averla fatta, la notizia. Nei giorni scorsi il tema, che anche sui social ha evidenziato una certa presa fra le reazioni che si dividono tra “avete scoperto l’acqua calda” e “finalmente qualcuno ne parla”, è stato ripreso anche da Calcioefinanza sia in unpezzo sul sito che in un intervento all’emittente ligure Primocanale.

Ora un nuovo capitolo, che tuttavia non aggiunge – per ora – storie circostanziate comequelle che pure la magistratura sta già vagliando in diverse regioni d’Italia.

“C’è la storia di quel direttore sportivo nostrano – scrive oggi il Corriere della Sera, che tuttavia non fornisce indizi nè nomi – che nel nuovo incarico fuori provincia si è portato dietro il pacchetto completo: due-tre giocatori (mediocri), sponsor (parente dei giocatori mediocri) e ovviamente l’allenatore (sennò, chi li mette titolari i giocatori mediocri?). Risultato: tempo un mese e ai primi guai il progettino è andato a ramengo, tutti a casa. Perché alla fine puoi pagare finché vuoi, ma se sei scarso non vai da nessuna parte”.

Nel calcio di oggi si paga per giocare, a volte attraverso sponsorizzazioni e altre invece con vere e proprio prebende, ed è un segreto di pulcinella che coinvolge tutti i ruoli e tutte le categorie dalla LegaPro in giù (anche se pure qualche presenza in B desta sospetto, e anche a queste latitudini). Anche a Brescia. Eccome. Fra i grandi ma anche nelle giovanili.

In questo senso forte eco l’ha avuta una dichiarazione di Nicola Bignotti, dg bresciano ex Travagliato ora al Pavia di LegaPro, il quale ha denunciato le pressioni ricevute dai genitori di un ragazzino disposti a offrirgli una forte somma in cambio del tesseramento del figlio nei Giovanissimi: «Una cosa schifosa, che messaggio educativo è?». Denuncia rara, la sua: nel calcio l’omertà paga, e tutti preferiscono tacere piuttosto che esser sbattuti fuori dal saloon.

«Basterebbe controllare e introdurre regole ferree — suggerisce Antonio Filippini, di ritorno dall’esperienza con la Academy del Milan in Australia — Chi paga per allenare o per giocare dovrebbe essere squalificato almeno 3 anni, le società dovrebbero ricevere almeno 15 punti di penalizzazione. Nel giro di poco tempo, il meccanismo si bloccherebbe».

Alcuni di questi tecnici, a volte giovani e desiderosi di crearsi un’opportunità, sono peraltro capaci. Hanno in dote una piccola attività, garantiscono al club di provvedere da soli a pagare se stessi e lo staff: dettagli nei “prof”, differenze sostanziali ai piani più bassi. Esiste inoltre un’altra categoria, quella degli sponsor che entrano a finanziare la società dove gioca il figlio. Che, beninteso, deve essere titolare anche se è di livello modesto. Alla seconda sconfitta emerge però il malcontento dei panchinari e dei giocatori più influenti.

Le parole di Ermanno Franzoni, allenatore di un’altra generazione e ora al palo da una stagione e mezza, sono amare: «Nel nostro mestiere gli sponsor contano eccome. Mi sono guadagnato l’ex C2 sul campo vincendo due volte i campionati di D, nel giro dei professionisti però vedo sempre le stesse facce. Trovano sempre squadra anche quando vanno male, normale farsi delle domande».

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