Le bandiere allo stadio, al pari di cori, striscioni e sciarpe, appunto, rappresentano l’identità di una tifoseria, la dimostrazione dell’amore per la propria squadra del cuore (quasi) del tutto incondizionato, la professione del proprio credo calcistico e più in generale sportivo, a seconda dei casi. Il loro utilizzo ha come fine l’incitare la propria squadra, in alcuni casi sminuire o addirittura parodiare in ogni forma e in tutte le accezioni possibili quella avversaria, in particolar modo se di fronte ai propri beniamini dovessero trovarsi i rivali storici. È il frutto di un comportamento collettivo omogeneo e propagatore: parte da un gruppo ristretto, coinvolge in pochi secondi l’intero stadio scavalcando i muri che dividono i vari settori.
In un mondo macchiato dai vari interessi legati sia al business, sia al proliferarsi di un linguaggio mirato ad alimentare un diffuso clima d’odio circostanziale e insopportabile, la bandiera con i colori che richiamano quelli della propria squadra – anche quella raffigurante uno o più vessilli – rappresenta il simbolo della passione pura, reale, ricca di pathos. La bandiera è l’icona dell’unità di intenti da far sventolare con fierezza e orgoglio sugli spalti e in ogni settore dello stadio. È uno degli strumenti principali per rimarcare il fascino del richiamo del proprio territorio, ma spesso è anche l’esatto contrario: non è difficile, soprattutto in Italia, sposare una fede calcistica per rincorrere il successo “perché è l’unica cosa che conta”. Sta di fatto che il credo di tutta la vita s’innesca attraverso vari processi sociali e familiari, come la trasmissione di padre in figlio e il “rinnegare la fede” del proprio genitore, quindi l’aggregazione e l’appartenere a un club esclusivo passionale. E la bandiera funge da espediente per dimostrare il tutto.
A Napoli è visibilmente marcata l’appartenenza e legame territoriale: quello tra squadra e tifosi è un legame stretto, per lunghi tratti esclusivo, più di ogni altra zona d’Italia. Sarà perché non esiste un dualismo stracittadino tipico di città come Milano, Roma, Genova, Torino e Verona , ma tifare per la squadra dai colori azzurri nella Capitale del Mediterraneo equivale a professare una fede religione individuale e soprattutto associata, nonostante la presenza di realtà minori che navigano lontane dalla terraferma (mica tanto…) del professionismo. E non è un caso se si arriva a dire in modo tanto azzardato quanto veritiero che “Il Napoli non è soltanto una squadra: il Napoli è lo stato d’animo della città”.
Neanche a dirsi, la testimonianza d’amore puro per la propria squadra del cuore al San Paolo è raffigurato – connessi a cori, striscioni e sciarpe – dalle bandiere di ogni genere.
Le curve dell’impianto di Fuorigrotta sono tra le più vivaci(coreograficamente parlando) e particolari, impossibile nonincantarsi dinanzi alle coreografie e allo sventolio di bandiere tutte diverse, tutte con significati e storie che creano curiosità e intrigo. Ebbene si abbiamo fatto un tour delle gradinate del San Paolo tra un Borghetti ed un gol per conoscere le bandiere che troviamo in Curva A ed in Curva B per farvi conoscere curiosità e retroscena.
Nei giorni in cui si parla di diritti d’autore, di normative europee in merito, non si può far altro che tutelare questi autori, appassionati e temerari che dimostrano il loro amore per Napoli attraverso coreografie e bandiere che hanno fatto la storia o che la racchiudono. Bandiere che riprendono in toto l’animo di Napoli, sventola fiero nel vento e che con i suoi colori vivaci vive di passione di attaccamento. Dagli anni di MARADONA, questo è un AMORE SENZA FINE sempre e solo SENZA CONFINI, noi siamo NAPOLETANI E BASTA.
Daniela Villani