La grande ingiustizia: il calcio femminile è ancora troppo lontano da quello maschile

Foto: Instagram AzzurreFigc
La grande ingiustizia: il calcio femminile è ancora troppo lontano da quello maschile

CALCIO FEMMINILE

Lo scorso 26 aprile finalmente c’è stata la svolta: il calcio femminile è diventato professionistico. L’iter per il cambiamento è iniziato nel 2020 e si concluderà con l’avvento della stagione 2022/23, a partire dall’1 luglio, almeno la Serie A. Dalla B in giù il torneo resterà dilettantistico.
Nonostante questo, però, il fùtbol rosa rimane molto indietro rispetto a quello maschile. Partendo dai salari. È stato stanziato quello minimo a 26.000 euro lordi annui, pari a quello della Serie C maschile. La maggior parte dei team del massimo torneo derivano da quelli maschili già professionistici, ma quelli che non lo sono -come il Pomigliano- dovranno adeguarsi e per iscriversi alla prossima Serie A Femminile dovranno versare una fideiussione di 80.000 euro. Arrivando, poi, alle strutture: le squadre dovranno disporre di uno stadio da almeno 500 posti. Quelli di A maschile devono avere un minimo di 16.000 posti.

Ogniuno dei 10 club del massimo torneo professionistico riceveranno 242.000 euro derivanti da contributi pubblici, dai contributi della FIGC, dai diritti tv e dalle sponsorizzazioni. Ogni squadra aumenterà i costi di gestione: da un massimo di circa un milione di euro, si passerà a più di 3 milioni -contributo statale annuale- per il prossimo triennio.

Come detto, però, vanno regolarizzate ancora molte cose e Carolina Morace, all’annuncio del professionismo, ne ha evidenziate alcune: “Cosa cambia? Le tutele: in caso di maternità, ma anche di assistenza e previdenza. Io ho le ginocchia rovinate, avrei avuto diritto alla pensione dopo tanti anni di professionismo. E avrei avuto la pensione e sicuramente dei punti per l’invalidità“.

Un piccolo passo verso la parità potrebbe essere adeguarsi al modello USA: stesso salario per le calciatrici ed i calciatori della nazionale maggiore. Come riportato da amp24.ilsole24ore.com, “Una parte del montepremi per la partecipazione al Mondiale sarà condivisa: gli uomini che parteciperanno a Qatar 2022 e le donne impegnate in Australia-Nuova Zelanda 2023 riceveranno una pari percentuale del montepremi collettivo pagato dalla Fifa per la partecipazione alle due competizioni. Stessa cosa per i Mondiali maschili del 2026 e femminili del 2027“. Inoltre, “Le entrate commerciali e da sponsorizzazioni verranno inoltre divise in parti uguali tra le due nazionali, mentre la Federazione riconoscerà ad atleti e atlete una quota di incassi dal botteghino per le partite casalinghe, più un bonus per le partite che registreranno il tutto esaurito.
Tra gli altri benefit sono previsti: assistenza all’infanzia, un piano pensionistico, pari trattamento per quel che riguarda i campi da gioco e di allenamento, per le sistemazioni in hotel, per il personale a disposizione delle due nazionali, per i viaggi in charter, per la sicurezza dell’ambiente di lavoro, per il congedo parentale e per quanto riguarda infortuni gravi e documentati, anche in tema di salute mentale“; questi accordi saranno validi fino al 2028.



Già in precedenza, in Irlanda è stata stabilita la parità salariale ma in modo effettivo e senza accordi con un limite di tempo. È stato stabilito che calciatrici e calciatori della nazionale irlandese ricevessero gli stessi bonus partita a livello internazionale. La grande battaglia per l’equal pay in Irlanda è iniziata nel 2017 e si è conclusa nel 2021. Il capitano della nazionale femminile, Katie McCabe, al momento dell’ufficialità ha dichiarato: “È un grande giorno per il calcio irlandese, un giorno che entrerà nei libri di storia. Abbiamo fatto un grande passo avanti con questo accordo e mostrato al mondo cosa si può ottenere essendo uniti, offrendo le stesse opportunità agli attori internazionali“.

Alfonso Oliva

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