La bolla NBA anti Covid-19: la soluzione dello sport contro il virus?

L’incremento del Covid-19 nell’arco di circa nove mesi ha danneggiato molteplici ambiti della nostra quotidianità: sanitario, economico ed anche sportivo; in merito a quest’ultimo è doveroso aprire una larga parentesi circa le misure di restrizione adottate al fine di far proseguire le varie competizioni. Come punto di riferimento identifichiamo il nostro amato calcio (italiano), il quale in seguito ad uno stop di due mesi è riuscito a riavviare il campionato “in sicurezza”, termine grossolano in tempi come questi, vediamo perché. Una prima fase che parte da Giugno e termina a Luglio inoltrato non ha contato un alto numero di contagi, la strategia? Tamponi a tappeto, sanificazione pre e post gara e utilizzo costante delle mascherine, insomma il minimo indispensabile; la seconda fase invece, quella utile a dar inizio alla nuova stagione, ha riscosso un esito decisamente più negativo in quanto a poco più di tre settimane trascorse dalla prima giornata, il numero di positivi è schizzato oltre i trenta. A lungo andare il progetto calcistico anti-virus si è rivelato futile, mettendo così in discussione il proseguimento delle competizioni. La domanda sorge spontanea: come mai altri sport come il Basket hanno portato a termine con successo i propri campionati? In che modo?

La risposta è “la bolla”, un progetto futuristico con un margine di errore ridotto al minimo. Tale strategia implica un piano ben preciso: 22 squadre, 3 mesi e 172 partite da giocare. Ogni società potrà integrare al suo interno un massimo di 36 individui (giocatori e staff) e 20 giornalisti, entrambi isolati da amici e parenti; l’unica circostanza in cui si potrà “violare” il protocollo sarà quella emergenziale familiare, dopodiché verrà disposto un isolamento di 10 giorni e un doppio tampone negativo prima di raggiungere il gruppo nuovamente. Ogni cestista prenderà visione di un dettagliato regolamento comportamentale, medico e sportivo fornitogli dagli organi superiori dell’NBA e solo successivamente gli sarà permesso di accedere agli svaghi messi a disposizione dal centro sportivo: piscine, laghi da pesca, bici, bowling, Ping pong e così via. Parliamo di una vera e propria sfera di cristallo metaforica nella quale si cerca di far stare a proprio agio i giocatori; il risultato del progetto? Zero contagi in ben cento giorni. Una strategia studiata a fondo e nei minimi dettagli andata a buon fine grazie alla cooperazione di tutti, in modo tale da permettere agli appassionati del Basket di assistere alla competizione più ambita, l’NBA. D’altro canto va evidenziata l’impossibilità di adottare tale stratagemma per quanto riguarda altri sport, dato che alla base di tutto ciò vi è un’enorme differenza capitalistica tra società come quelle calcistiche e quelle di Basket; probabilmente solo per club come Real Madrid e Barcellona sarebbe plausibile dare il via ad un progetto di questo spessore economico e sanitario. Oltretutto va ricordato che i giocatori sono esseri umani proprio come noi, dunque esporli ad una realtà così cruda e restrittiva sarebbe forse un estremismo. O tutto o niente, se si vuol ripartire, bisogna farlo in sicurezza massima. La bolla è la vera soluzione?

Renato Oliviero

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