Jose Maria Callejòn: the last dance

 

17/06/2020.

Mercoledì.

Stadio Olimpico, Roma.

Abbiamo vinto contro i “nemici” di sempre, abbiamo festeggiato e ci siamo divertiti suscitando l’ira di chi non aspettava altro che infangare la popolazione 081.

Facciamo qualche passo indietro, riavvolgiamo il nostro fatidico nastro e tuffiamoci nei momenti antecedenti al rigore decisivo di Arek Milik. Tra il gruppone formato in panchina ne manca uno, è posizionato qualche passo indietro: Josè Maria Callejòn.

Quasi come un bambino timido preferisce allontanarsi, stare dietro le quinte e lasciare i riflettori puntati sui suoi compagni. Poi la storia cambia, il polacco realizza il tiro dagli 11 metri ed il ragazzo di Motril si lascia andare aprendo la saracinesca del proprio cuore che, per troppo tempo aveva tenuto chiusa ad ogni anima azzurra.

Tutti a terra e mani in faccia per coprire le lacrime mostrando al mondo intero che si, anche lui è umano.

Ne ho avuti tanti di dubbi e ccredo che anche tutti i suoi allenatori in 1926 hanno avuto molti punti interrogativi. Da quale pianeta proviene José, ragazzo con la maglia a maniche lunghe?

Punto fisso di ogni rosa napoletana ed anche quando la formazione veniva modificata c’era sempre una certezza: il numero 7 spagnolo sulla fascia destra.

Bisognerebbe analizzarlo Josè, farlo diventare oggetto di studio per chi volesse fare l’esterno d’attacco.

Quasi faccio fatica a descriverlo, le statistiche ci dicono di un’ala che in 330 partite ha fatto 80 gol e 77 assist.

Numeri impressionanti che non vanno ad evidenziare quello che è stato realmente Callejòn: come vi dicevo in precedenza, ha capacità che molti altri non hanno, le stesse che gli hanno permesso nella vita di fare numerosi ruoli.

Noi lo conosciamo come attaccante destro ma è in fase difensiva diventava il quinto di difesa e descrive le sue numerose qualità.

“Un giorno lo vedrò crossare la palla e andare a colpire la stessa di testa” così Claudio Ranieri definiva N’Golo Kantè nel suo magico Leicester la stessa frase che potremo usare noi per delineare il compito del calciatore ex Real Madrid.

“The Last Dance” in italiano “l’ultimo ballo” direbbe l’allenatore dei Chicago Bulls per definire l’ultimo trofeo vinto dalla squadra di Basket americano.

Per il rinnovo c’è qualche piccola speranza ma se dovesse andare a chiudere la carriera in terra iberica avremo una certezza, un uomo ed un napoletano in meno iscrivendosi a tutti gli effetti nella storia 1926

 

Gennaro Del Vecchio

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