Istanbul: poliziotti aggrediscono giornalista durante il pride, immagini di violenza forti che abbiamo già visto quel 25 maggio del 2020.

Lunedì 28 giugno – Al pride pro LGBT di Istanbul si è assistito ad una scena già conosciuta. Poliziotto aggredisce un giornalista premendo il ginocchio sul collo della vittima.

Sabato 26 giugno, diverse città europee si riempiono di bandiere multicolore e di manifestazioni da parte della comunità LGBT. A rispettare il Pride Month è stata anche la città di Istanbul, in Turchia, nonostante il divieto di scendere in piazza, in vigore da sette anni. Le prime manifestazioni hanno avuto luogo martedì al parco Macka di Istanbul, dove gli agenti di polizia hanno interrotto un pic-nic, sgomberando un intero gruppo di manifestanti attraverso l’uso della forza. Arrestata una persona e un braccio rotto per un altra.

Negli ultimi anni il governo di Recep Tayyip Erdogan, di orientamento islamista conservatore, ha limitato sempre di più queste manifestazioni pacifiche. Non è un segreto che ultimamente le autorità turche vedano la comunità LGBT+ come un esempio che vada oltre i valori della madre patria Turchia, e soprattutto riflette valori di origini molto occidentali. Per fortuna nel paese l’omosessualità non è un reato. La maggior parte della popolazione è legata a radici decisamente salde con usi e costumi legati a tradizioni secolari. In generale qualsiasi tipo di novità che non rifletta la cultura di casa è vista con il malocchio da tutte le autorità.


Nel corso degli anni, a partire dal tentato Golp del 2016, Ankara ha utilizzato qualsiasi mezzo, da idranti , lacrimogeni e proiettili di gomma per fermare qualsiasi tipo di movimento pro LGBT. Il governo turco considera le manifestazioni multicolore PROPAGANDA, che potrebbe mettere a rischio la libertà di parola, come affermò nel 2020 il consigliere presidenziale Fahrettin Altun.

Attacco al giornalista

Non è una novità che la libertà di stampa sia da sempre sotto il mirino del governo di Ankara. Forse per non rivelare l’immagine di un “sultano” decisamente indaffarato o forse per non rivelare il lato più solidale e bello di una società che per molti è rimasta indietro nel tempo. La Turchia è un paese pronto alla rivoluzione ma come dimostrano queste immagini, anche una semplice manifestazione può costare la vita di un uomo.


“Oggi, 26 giugno 2021, sono stato detenuto e picchiato pesantemente da agenti di polizia turchi, non riuscivo a respirare. Grazie alle persone intorno che sono venute e hanno reagito in tempo. Altrimenti, credo fermamente che sarei un uomo morto”- queste le affermazioni di Blenti Kilic, fotografo e giornalista turco.

Erdogan ha scelto di vietare le manifestazioni grazie ad una legge che vieta le proteste che vanno contro la “moralità”. Purtroppo nell’atto compiuto dal poliziotto, mentre teneva il suo ginocchio sul collo del giornalista, di moralità c’è n’è ben poca. Il tutto accade durante le proteste di sabato pro LGBT. Bulent Kilic stava facendo il suo lavoro, stava documentando ciò che lo circondava, proprio come ha fatto in Iraq e in Ucraina.

Alcuni suoi reportage e foto hanno vinto il premio Pulitzer e altri riconoscimenti da parte del Times e The Guardian.
Il giornalista ha scelto di condividere quanto gli è accaduto permettendo che l’informazione viaggi oltre quei muri. Muro che Erdogan ha deciso di erigere nuovamente revocando, attraverso un decreto, la partecipazione della Turchia alla Convenzione di Istanbul.

”Condividere una fetta di pane, canticchiare una canzone, un po’ di amicizia e solidarietà sapendo che non si è da soli al mondo… ma questo sistema è ostile a tutto ciò che è bello ” Elif Shafak (scrittrice turca) – finalista del Booker Prize nel 2019

Nicolaos Nicolau

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