“Il castello di polvere e gloria” da il caffè del Professore

“Il castello di polvere e gloria” da il caffè del Professore

Caffè del Professore – La partita di ieri ci dice perché il ciclo di Gattuso deve ritenersi concluso.
Appena siamo ritornati padroni del nostro destino e la pressione è tornata a salire sulle nostre ambizioni e speranze, ecco d’incanto tornare i soliti limiti nella gestione della gara.

Si è rinunciato dall’inizio all’apporto di Politano in gran forma e vero cucitore del gioco sulla fascia destra, per un Lozano che ancora non è pronto, imballato nella corsa e nella testa e che, così appannato, non sarà sfuggito all’occhio vigile e attento del suo tecnico anche durante la settimana, perché questo giocatore fa delle accelerazioni il suo essere e non può aver perso smalto solo nella partita, probabilmente non aveva ancora il fosforo necessario per esplodere in gara, ma è comunque partito da titolare. E così si sono fatti due errori in una sola mossa.

Avevamo comunque incanalato bene e subito la disputa con la zampata felina del nostro centravanti ma poi; come sempre, non siamo stati capaci di chiuderla e per nostri demeriti e per l’inevitabile svista arbitrale che alla luce della primavera inoltrata sistematicamente ci accompagna.

Ma prendersela con gli errori arbitrali è banale e stupido, lecchiamoci piuttosto le ferite che sanguinano come la testa del povero Osimhen generosissimo quanto grezzo, velocissimo quanto impreciso, devastante quanto ingenuo.
Sicuramente un potenziale fuoriclasse.

Ma le ingenuità commesse ieri non si contano ed è il nostro essere, non siamo pronti per il vero salto di qualità, almeno non con questa guida tecnica, ostinata nel suo credo calcistico che non ammette deroghe ma che costa, come ieri, un prezzo salatissimo.


Non siamo nati ne formati per difenderci, sappiamo imporci ma non difendere, sappiamo colpire ma non subire e quando il Cagliari, rimasto sempre in partita, ha provato il tutto per tutto, siamo caduti nei soliti errori favoriti dai cambi scellerati fatti dal tecnico.

All’ottantesimo minuto, con ancora tanto tempo da giocare, ha letteralmente stravolto la squadra ma non il sistema di gioco, cambiando la mediana composta da Fabian e Zielinski con l’incompiuto Elmas, che è un uomo di gamba e che inevitabilmente non ha trovato posizione sul campo, e l’impalpabile Bakayoko che si è posizionato nella terra di nessuno: esattamente come la mediana tra i centrocampisti sardi e la nostra difesa quindi di nessuna utilità.


Il risultato è stato di aver spaccato la squadra in due lasciando tanto campo agli isolani la cui unica risorsa era il lancio lungo sulle “torri” schierate e subentrate, e noi proprio questo gli abbiamo concesso.

Era una lettura elementare ma, ai noi, al nostro non è parsa.Il pareggio è stato poi il delitto finale di Hysaj, lasciatosi infilare da dietro dall’ottimo Nandez.

Se si era deciso di difendere ad oltranza, perché non sparigliare magari inserendo un altro difensore al posto del poco lucido Insigne?


Sparigliare non significa sbagliare, si doveva portare a casa la vittoria, contava solo quello ma si è preferito rimanere fedele ad un modulo cambiandone gli interpreti ma non l’atteggiamento e ci abbiamo rimesso le penne.

Peraltro, le avvisaglie c’erano state e tante, alcune sventate da Meret tanto bravo tra i pali quanto mediocre nelle uscite e assolutamente incapace di guidare la difesa, portiere dagli enormi mezzi atletici e tecnici, ma di modestissima personalità che è l’ unica caratteristica che non si può migliorare.

Ci si è messa anche la giornata grigia del gia’ citato capitano e l’ inconsistenza ormai abituale di Mertens per perdere i lumi di una ragione calcistica che ora è nuovamente da ritrovare.
Attenzione però, ancora nulla è perduto, ci siamo giocati la franchigia che avevamo nelle ultime cinque gare, ora nelle prossime quattro non sono ammessi errori, bisogna solo vincere , farlo significa qualificazione champios matematica.


E qui però nascono i dubbi e ci assalgono le incertezze perché questa squadra, come il suo tecnico, è troppo umorale, è un orizzonte temporale pronto a cambiare, intervallato dalla tempesta e da uno splendido arcobaleno.

E, se non c’è regolarità e costanza dei risultati e delle prestazioni, ogni sforzo sarà vano e inutile.
Sia di insegnamento il cammino dell’ Inter, neo scudettata ,non è stata la più forte ma la più regolare , capace di mutare pelle più volte nell’ arco dell’ annata, squadra solida ma soprattutto pragmatica come il suo tecnico, mentore di un calcio non bello ma vincente.


Noi, invece, siamo troppo prigionieri di una etichetta che, attaccata al bel gioco propositivo, ci sta allontanando dall’unico risultato che darebbe un minimo di senso alla nostra stagione che troppe volte ci ha portato dalla polvere agli altari. Se poi sarà vera gloria, solo il tempo ce lo dirà, basta aspettare solo 360 minuti ,quelli che ci dividono dalla polvere alla gloria.

Salvatore Sabella

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