Il caso Ciro Esposito: una giustizia a metà – di Mattia Ronsisvalle

Ci sono dei giorni che difficilmente riesci a dimenticare, giorni che resteranno impressi nella testa
di ognuno di noi per molto tempo, soprattutto per i tifosi dell’S.S.C Napoli.
IL PRECEDENTE – Il 03 maggio del 2014 si giocò la partita di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli,
vinta dagli azzurri.
In quella giornata vengono sparati sette colpi di pistola e tre ultrà napoletani cadono a terra. La
situazione degenera: migliaia di persone incappucciate assaltano le forze di polizia e distruggono
due auto e un blindato. A terra rimane Ciro Esposito, tifoso napoletano di 31 anni, le cui condizioni
appaiono subito gravissime. A sparare, un ultrà romanista, Daniele De Santis, 48 anni, che nel
2004 fece sospendere un derby perché diffuse la notizia (rivelatasi poi falsa) che la polizia aveva
travolto e ucciso un ragazzino fuori dall’Olimpico.
Ciro Esposito muore dopo 50 giorni di agonia nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Gemelli di
Roma, dove era ricoverato. Le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate dopo svariati
interventi chirurgici che avevano fatto sperare in un miglioramento. Cosciente quasi fino
all’ultimo, era poi entrato in coma irreversibile.
IL PROCESSO – Dopo circa 5 anni, arrivano aggiornamenti dalla Cassazione. I giudici della Suprema
Corte escludono la legittima difesa per Daniele De Santis, condannato a 16 anni. Nelle motivazioni
della sentenza con cui il 25 settembre scorso hanno condannato a 16 anni l’ultrà romanista si
legge “Da un lato, De Santis aveva provocato la situazione di pericolo” e “dall’altro aveva assunto
una reazione non proporzionata all’offesa. Pur potendo puntare l’arma o sparare in aria, non
l’aveva fatto e risulta avere esploso colpi ad altezza d’uomo (cinque in rapida successione) dei
quali quattro andarono a segno”.
LE DICHIARAZIONI – “Le motivazioni ora sono pubbliche, ma noi sapevamo già com’erano andate
le cose perché ce lo ha raccontato Ciro. Ora una parte di verità e di giustizia è stata fatta”. Così ha
dichiarato Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito, che poi aggiunge: “Non nascondo di aver
temuto che gli potessero riconoscere la legittima difesa. Con De Santis c’erano altre persone,
questo aspetto non è stato mai messo in luce, nonostante mio figlio Ciro fosse riuscito a
raccontare che furono in tanti a compiere l’agguato”.
Se “una parte” di giustizia è stata fatta, molti interrogativi rimangono ancora aperti. “Il tempo è
spesso puntuale nel farci capire molte cose in ritardo”, diceva Guido Rojetti.

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