Il caffè del professore di Salvatore Sabella


Trecentosessanta minuti all’alba della fine di un impero caduto dopo soli dodici mesi.

Mancano solo quattro maledette giornate per chiudere una stagione caotica , regnata dall’ anarchia amministrativa e tattica , alla perenne ricerca di una guida tecnica che nemmeno il triplice cambio in panchina ha regalato ad un ambiente devastato da errori di gestione macroscopici.

Calzona ha provato a spiegare prima e dopo la partita quali fossero gli equilibri di spogliatoio , che la squadra aveva necessità di ritrovarsi, significativo e soprattutto inutile farlo a fine campionato e infatti il campo continua a dirci cose diverse.

C’è insofferenza negli atteggiamenti, ogni sostituzione esprime dissenso e malumore, si prediligono le giocate individuali, solo a tratti si gioca d’assieme.

Ogni pallone pesa perché non c’è fiducia nel compagno, si continuano a commettere sempre gli stessi errori di reparto con movimenti mai sincroni , il secondo pareggio Romanista è l’ emblema della ottusità difensiva di una squadra che non è riuscita mai a correggere i suoi errori e a superare i suoi limiti.

Se poi aggiungiamo anche gli svarioni individuali, su tutti il rigore causato da Jesus, ci ritroviamo a navigare al centro di un guado senza fine.

Dove non c’arriva la tecnica deve sopperire l’ agonismo, quando c’è da soffrire bisogna opporre densità per rimediare alle mancanze del singolo, ma il Napoli non è squadra.

La settimana scorsa imputammo al tecnico la mancanza di coraggio nelle scelte, oggi si e’ ripetuto continuando ad insistere con Jesus centrale, quest’ anno devastante in negativo il suo contributo, e riproponendo un Traore’ inguardabile soprattutto nel momento in cui c’era da soffrire per poi sostituirlo poco dopo , subendo le invettive dell’ Ivoriano.

Non ha avuto dubbi invece nel sostituire Kvaratshvelia, per tutti un errore ma non per lui.

Peccato perché si è persa l’ ennesima occasione di provare a dare un senso alla stagione dove emergono solo i limiti di tanti e i meriti di pochi .

Anche la dea bendata sembra aver un conto aperto col Napoli ma questa è solo una fantasia che cela tutto il nostro disappunto per uno spettacolo che non è mai cominciato.

Ieri, dopo la prima mezz’ora giocata sotto tono, la squadra ha alzato il ritmo della manovra e schiacciato una Roma sempre ben organizzata. Ci sono stati quindici minuti di buon calcio quando Osimhen ha ripreso a macinare campo ed avversari anche se colpevolmente poco supportato.

Anche la ripresa è cominciata bene ma, come da copione non scritto ma purtroppo metabolizzato, al primo affondo avversario abbiamo preso gol sul rigore, assurdo per dinamica , causato da Jesus.

Ad ogni partita si regala almeno una rete agli avversari e si continuano ad inanellare pareggi inutili e mortificanti.

È una nostra convinzione, come ha ribadito nel dopo gara anche De Rossi, che il Napoli sia una squadra sulla carta forte, che a tratti gioca anche bene, che meriterebbe di più, ma non sa vincere perché non sa difendere e non sa soffrire.

Non sappiamo più cosa chiedere alle ultime gare , non sappiamo chi resta né quale sarà la guida tecnica, non sappiamo quale futuro ci aspetta.
È bastato un anno per cancellare quattro lustri di piazzamenti e vittorie, e ritornare ai vertici sarà impossibile in tempi brevi.

La colpa dello scempio è partita dall’ alto della onniscienza presidenziale e terminata con la mediocrità tecnica di alcuni e intellettiva di tutti i calciatori che non hanno saputo affrontare gli eventi ma si sono fatti travolgere dagli stessi, con atteggiamenti troppe volte rinunciatari come stessa ammissione del tecnico quando nel post partita ha ribadito che grazie al ritiro, della discordia, la squadra finalmente lo ha seguito ed ha visto sacrificio.

Sono considerazioni gravi perché ribadiscono che lo spogliatoio non è unito e trovare ora i rimedi è tardi ed attesta il tradimento che i calciatori hanno perpetuato prima ai tifosi e poi a loro stessi.

La società non li manderà in ritiro punitivo, sarà contenta di quanto ha visto, che triste mediocrità accontentarsi di un pareggio, sembra l’ epilogo di un calcio amatoriale dove i cattivi finiscono dietro la lavagna.

Francamente di una stagione vissuta così non c’è da salvare nulla tranne i tifosi, irriducibili come sempre , anche ieri a gremire gli spalti nella speranza di una vittoria che ancora una volta non è arrivata.

E , questa volta , non sarà la prossima quella decisiva come sempre, il futuro è stato cancellato col presente, auspichiamo solo che Calzona abbia il coraggio di scegliere e di schierare non i migliori ma chi merita di difendere la maglia azzurra perché ci crede, avrà così solo il nostro apprezzamento perché non c’è più nulla da chiedere a nessuno se non di difendere la dignità.

Daltronde sprofondare nell’ infinito suscita serenità .

Salvatore Sabella

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