Il caffè del professore di Salvatore Sabella

Fonte: Twitter Official SSC Napoli

“La speranza ha due figli: lo sdegno per la realtà delle cose , il coraggio per cambiarle” ( Sant’ Agostino) .
Calzona è arrivato nel momento peggiore della gestione tecnica del Napoli, ha dovuto, senza averne neanche il tempo, ripulire le macerie atletiche e tattiche delle precedenti gestioni cervellotiche , fra mille difficoltà ha saputo cominciare un lavoro di campo basato sui principi del calcio moderno, ha creato una squadra che finalmente gioca d’assieme, il cui limite è legato all’ errore individuale .

Finalmente si vede il lavoro di un tecnico che senza proclami, senza avere alcuna certezza sulla sua riconferma, si è calato subito in una realtà disperata che ha saputo fare sua.
Oggi è il Napoli di Calzona, che ha cambiato l’ inerzia di una stagione iniziata male e continuata peggio prima del suo avvento.

Non abbiamo raggiunto nessun traguardo ma abbiamo ripreso a batterci e crediamo nella qualificazione alla prossima Champions.
È un traguardo difficile ma venderemo carissima la pelle.

Forse quello che gli manca è quel pizzico di follia nella gestione dei cambi , troppo conservativi , in una panchina comunque troppo corta e di pochissima qualità dove l’ apporto dei subentrati è spesso insignificante per la loro inconsistenza tecnica.

Il tecnico sta tirando fuori il massimo dalla vecchia guardia , a sancire, ancora una volta il doppio fallimento della campagna acquisti estiva prima e invernale poi.

Certo tutti i problemi non sono stati risolti, subiamo ancora delle reti evitabili, il vantaggio nerazzurro è stato la copia del gol preso a Barcellona. Sui cross dal fondo a rientrare, si schiacciano tutti verso la porta e nessuno che accorcia al centro dell’ area, è un errore che si ripete e che va corretto.

Bisogna migliorare l’ uscita dal basso quando, troppo ossessivamente, si vuole sempre giocare la palla. In alcuni frangenti il pallone va rimesso lungo.

Ci sono effettivi che dovrebbero rifiatare ma continuano a giocare perché le alternative non sono credibili.
Parliamo del capitano, poco lucido in uscita , e di Zambo Anguissa, in perenne affanno in mediana.

Ieri non è stata una prova brillante ma sicuramente di una squadra coriacea, finita in crescendo con i Meneghini sulle gambe , quando si poteva portare a casa il risultato pieno se forse si fosse osato di più anticipando l’ ingresso di Ngonge e Lindstrom.

Nell’ ideale e mesto passaggio di consegne del titolo, il Napoli lo ha fatto a testa alta, sono magre consolazioni ma più di questo non si può pretendere.

Guardiamo al futuro con un moderato ottimismo, Calzona , complice anche la sosta, potrà lavorare costantemente dovendo giocare una sola partita a settimana, ha ridato certezze ai suoi uomini e con la complicità degli scontri diretti può provare l’ impresa della qualificazione, un traguardo così banale che solo l’ ira furente del Pelide Aurelio ha via via reso sempre più difficile.

Continua l’ opera distruttiva del Presidente, ha allargato le sue crociate anche in campo europeo, è una battaglia contro tutto e tutti che nasconde solo insicurezze, il vero suo unico nemico, è se stesso.

Ma di queste bufere non si cura il tenace Calzona, lui pensa solo al campo , le partite si vincono giocando bene e non nei tribunali.
Ma queste sono altre storie,
come quella di Osimehn, fermato dall’ ennesimo guaio muscolare che vedrete supererà rispondendo alla convocazione della sua nazionale, per poi magari fare un salto a casa sua, in virtù della clausola ” fai come ti pare” tanto cara al Presidente .
I mille colori di un arcobaleno, grigio, che ha accompagnato la nostra stagione .

Durante la sosta il Napoli lavorerà duro per farsi trovare pronto alle prossime sfide che non avranno ritorno, tutto in 90 minuti, senza rimpianti solo se avremmo giocato esclusivamente per vincere, è la filosofia del nostro tecnico , ed anche la nostra.

Ieri abbiamo passato le consegne di uno scudetto che l’ Inter ha praticamente già vinto meritatamente sul campo, ma il titolo deve consegnare anche una certificazione morale che i nerazzurri sembrano ancora non avere maturato se un loro tesserato è ancora rimasto alla discriminazione razziale verso un collega di colore, Juan Jesus , che, da par suo, invece, gli ha risposto sul campo essendo stato il migliore della contesa.

Non basta un titolo sportivo per essere i migliori.
Salvatore Sabella

Start typing and press Enter to search