Il caffè del Professore

“Dubito di tutto e mi trovo sempre nel dubbio” ( Tolstoj).
I campioni d’ Italia sono una  squadra  enigmatica  e lo specchio di una società  troppo  acerba nelle tempistiche.

Ci sono le  certezze dei singoli, su tutti Di Lorenzo,  impressionante per quantità e qualità,   un imperiale Anguissa al centro del campo e il solito Osimehn,   incontenibile nella falcata anche se a tratti troppo irruento a scapito della precisione. Sono
consolidati i movimenti e il  gioco manovrato, c’è meno pressing ma  troppe pause e nessun contenuto.

La squadra non ha  ancora assimilato le nuove proposizioni di Garcia e spesso gioca sull ‘ inerzia dei vecchi e vincenti spartiti Spallettiani.

Ovvio  che alla seconda di campionato questa interpretazione sia naturale ma cominciamo a credere che questa alternanza sia nelle corde della squadra e ne sia il suo limite maggiore.

Per i primi 25 minuti non c’è stata partita, la palla girava velocemente,   la catena di destra macinava giocate e propiziava il rigore del vantaggio.
Il centrocampo  era dominato da Anguissa a cui faceva da spalla il solito Lobotka con uno Zielisky molto alto che accarezzava la palla con giocate brillanti.

Poca iniziativa invece sulla corsia opposta dove uno spaesato Raspasori spesso si industriava in assoli inconcludenti in un ruolo che, ribadiamo, non gli appartiene. Questo ragazzo è generosissimo nel suo modo di porsi al servizio della squadra, protagonista di recuperi difensivi da applausi ma nella metà campo avversaria, defilato sulla sinistra , non ha trovato campo per le sue giocate , perdendo lucidità per il troppo lavoro sporco e macchiando la prestazione anche con il rigore fallito.
È il maggiore equivoco tattico degli azzurri,  non è assolutamente  un esterno d’attacco.

Dopo  il vantaggio c’era la sensazione che si potesse chiudere la gara e invece il Napoli  si è spento lasciando campo e gioco agli avversari.

Ci siamo abbassati troppo , la squadra si è allungata e,  come a Frosinone,  in mezzo al campo siamo andati spesso in inferiorità numerica.

Ci sono troppe pause e bisogna capire  se sono legate alla condizione atletica ancora non brillante  o ad errate interpretazioni tattiche.

Nella ripresa lo stesso copione anche se facilitato dagli errori dilettantistici  degli avversari.
Nel complesso la prestazione è sicuramente positiva, il risultato non è mai stato in discussione ma è poco rotondo e celato da qualche dubbio di troppo.

Di nuovo c’è la ricerca meno esasperata della costruzione dal basso con  il ricorso al lancio lungo per il ghepardo Nigeriano che a campo aperto brucia l’ erba , la ricerca della verticalizzazione più velocemente come nell’ azione del raddoppio del capitano su assist di Kvaratskhelia , ma c’è il limite della discontinuità della prestazione con ritmi che si abbassano troppo velocemente e per troppo tempo , cosa che potrebbe essere pericolosa con avversari di maggiore peso atletico e tecnico.

Il Napoli è una squadra di spessore ma le  continue voci  di mercato ne condizionano l’ operato per la continua  altalena di nomi in entrata e in uscita.

Si doveva evitare che a fine mercato i calciatori in scadenza non avessero ancora risolto la loro posizione,  su tutti Zielisky,  che pare rientrare definitivamente nei ranghi, e soprattutto Lozano la cui scadenza  contrattuale ne compromette l’ impiego obbligando il tecnico allo schierare Raspadori fuori ruolo .

Una grande società questi problemi li doveva risolvere prima e non prestarsi neanche allo sfotto’ social sulla mancata acquisizione dei calciatori e sui continui presunti  arrivi.

A tutto questo c’è una sola risposta: troppo poco un solo uomo al comando.

Come sempre la prossima è decisiva perché ci potrebbe essere il primo strappo al campionato con le romane già al bivio, e gli azzurri chiamati a rinsaldare la leadership.

Tempo e pazienza sono i  due migliori combattenti , diceva Tolstoj,  il primo la società lo ha sfruttato tutto e troppo,  la seconda deve essere il nostro mantra.

Foto: Instagram Napoli

Salvatore Sabella

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