I veri top player sono gli allenatori. Scopriamo insieme il perché

Partiamo da una premessa: il calcio è cambiato. Allenatori come Osvaldo Bagnoli, che placano l’assidua presenza della stampa con discorsi relativi alla salvezza per poi vincere lo Scudetto, non esistono più.

Gli attuali tecnici stanno assumendo le sembianze di veri e propri manager, ecco perché sono loro i principali artefici di vittorie e fallimenti epocali.

Questa figura assume importanza nell’Inghilterra degli anni 90, periodo nel quale uomini dal calibro di Sir Alex Ferguson e Arsène Wenger, rivoluzionarono il gioco del calcio. Tralasciando gli aspetti tattici, questi fenomeni da panchina hanno avuto la capacità di unire due figure professionali differenti: commissario tecnico e direttore sportivo.

Facendo un salto temporale fino ai nostri giorni, possiamo capire quanto gli ex coach di Arsenal e Manchester United abbiano influito sul concetto gestionale dei moderni club.

Pep Guardiola è l’esempio perfetto. Un condottiero capace di dimostrare la propria potenza dirompente sul gioco e sulla testa dei calciatori. Come accennato in precedenza, però, mister di questo genere hanno voce in capitolo soprattutto in chiave mercato.

La sessione di trasferimenti, infatti, è spesso motivo di conflitto all’intero di una società. L’insoddisfazione dei protagonisti di questo articolo potrebbe vanificare cicli vincenti, proprio come avvenuto alla Juventus di Antonio Conte. Il CT che guidò la Nazionale ad Euro 2016, decise di abbandonare la Vecchia Signora per i troppi malumori dovuti alla personale lista dei desideri, sporadicamente presa in considerazione da Marotta&Co. 

Non accontentare un tecnico è il primo passo sul percorso dei disastri imprenditoriali. Il Napoli è caduto in questo errore diverse volte, soprattutto nella gestione De Laurentiis: Benitez ed Ancelotti avrebbero potuto concludere le rispettive avventure in maniera diversa lavorando con atleti richiesti.

Da non sottovalutare la personalità che incide fortemente sui risultati. L’impronta di un allenatore è in grado di collaudare macchine perfette e, restando nella città del Vesuvio, è obbligatorio menzionare Maurizio Sarri. Il 4-3-3 con linea alta e palleggio ha creato una corazzata da novantuno punti, comunque non sufficienti per la conquista del tricolore. Spostandoci in Spagna, facciamo un breve excursus su Diego Simeone. L’inventore del “cholismo”, ideale che mette al centro di ogni situazione la cattiveria agonistica, è riuscito a realizzare imprese impossibili: vincere la Liga nel 2014 e conquistare due finali di UCL con l’Atletico Madrid. Gestire grandi campioni è un’altra dote con la quale è possibile scrivere la storia. Zidane, Allegri e Flick sono stati capaci di ristabilire gli equilibri in spogliatoi spaccati, ottenendo, inoltre, svariati successi in Champions League. La somma dei curriculum dei coach appena nominati, vanta sette finali europee.

Questa statistica dimostra quanto sia importante l’impatto della guida tecnica sul destino di una squadra. Il francese ed il tedesco, infatti, furono il rimpiazzo di scelte sbagliate. Costruire fortini partendo dalle macerie, allenando pubblico, giocatori e stampa. Nel calcio moderno gli allenatori sono assoluti protagonisti di inaspettati momenti di gloria. Attirare l’attenzione dei supporters trascinando l’ambiente a suon di vittorie, rende loro dei top player in giacca e cravatta.

Ivan Serio

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