Cosa si nasconde dietro la Tessera del tifoso

Quella del 2009, per gli abituali frequentatori degli stadi e non solo, non è ricordata come una stagione qualunque. Il 14 agosto 2009 viene emanata la “Tessera del tifoso”, causa di numerose contestazioni ed episodi di disordine pubblico, che ci fanno cogliere l’importanza di quanto sia necessario cercare di conoscere ciò che c’è dietro una limitativa definizione, che la descrive semplicemnte come uno strumento di fidelizzazione del tifoso. Di dubbia conformità costituzionale, nata con l’obiettivo di effettuare una distinzione tra i tifosi con precedenti da stadio e quelli senza, è stata ideata dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, nel quarto governo Berlusconi. Non ci si meraviglierà dunque leggendo che al tifo organizzato delle squadre di tutt’Italia, dalla massima categoria alle serie minori, sia apparsa come uno strumento di controllo sociale, pertanto una schedatura. La sua finalità non è stata solo quella di garantire la sicurezza, ha dimostrato infatti di essere un elemento a favore dei più importanti circuiti bancari, nonché un mezzo di arricchimento per quest’ultimi, e considerazioni di questo tipo trovano la loro più concreta rivelazione nel fatto che in origine per molti club la TDF corrispondeva ad una carta bancomat, imposta ai tifosi senza possibilità alcuna di scegliere. La VI Sezione del Consiglio di Stato infatti, il 7 dicembre 2011, dichiarava non legittimo il rilascio della Tessera da parte di un istituto bancario, che era appositamente incaricato dal club attraverso l’abbinamento alla cosidetta carta revolving, il tutto grazie alla denuncia da parte del Codacons e la Federsupporters. La politica adottata sembrò essere accompagnata da un ottuso statalismo illiberale e poliziesco, e non si ricorse a una soluzione di continuità con le politiche che rientrassero nell’alveo della legalità. Questo periodo è stato caratterizzato da settori ospiti e curve sempre più vuote e durissime contestazioni, come quella degli atalantini ad Alzano Lombardo, dove si cercò di entrare all’interno dei padiglioni dove erano presenti esponenti di quel governo, tra cui Maroni. Ciò che si rivendica, oggi come allora, è soprattutto una pari dignità sociale, che è prevista per ogni cittadino dall’Art.3 della nostra Costituzione, e da qui derivano le considerazioni che vedrebbero la TDF come figlia di una direttiva anticostituzionale. Infatti prevede che anche dopo aver scontato la pena corrispondente a quel determinato reato da stadio commesso, non sia possibile per quel soggetto sottoscrivere quest’ultima e pertanto partecipare agli eventi sportivi, differenziando e discriminando coloro che si sono ritrovati a dover scontare una pena. Politica questa, da molti non ben accetta, soprattutto se si aggiunge, come testimoniano diversi accaduti, che spesso diversi soggetti sono stati accusati di reati non commessi, con lo scopo di assegnare un elevato numero di “diffide” e provvedimenti “daspo” per contrastare gli ultras, protagonisti di una lotta tuttora in corso contro il sistema di repressione. Condivisibile dunque la scelta di quelle frange del tifo che hanno deciso di non sottoscrivere la Tessera, rifiutando l’idea di una schedatura e di vedere alcuni compagni restare a casa ed altri viaggiare, ma condivisibile anche la scelta di quelle frange che hanno deciso di sottoscriverla soprattutto per la voglia di non lasciare le nuove generazioni a bocca asciutta di trasferte, la cui partecipazione è di fondamentale importanza per ogni ultras. Quei meccanismi ed interessi economici, a partire dalla Tessera del tifoso, hanno dato vita ad un calcio negli anni sempre più amico del business e meno della passione e dell’attaccamento verso la “maglia”, ma per fortuna c’è ancora chi mette questi valori al primo piano e lotta per difenderli.

Ed è proprio per amore di quest’ultimi che non possiamo che sperare in un ritorno delle TRASFERTE LIBERE!

Raffaele Accetta

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