Com’è cambiata la Serie A in 10 anni: zero soldi, perdite +143% e debiti raddoppiati

  
  Bilanci Serie A, in 10 anni il calcio italiano a livello economico è cambiato: in peggio. Confrontando i dati dell’indagine Gazzetta con i rendiconti del 2004/05, infatti, ne deriva un quadro inquietante.

I dati del 2014/15, elaborati dalla Gazzetta dello Sport, sono chiari: debiti alle stelle, perdite sostanziose, patrimonio complessivo vicino allo zero, costi decisamente maggiori rispetto ai ricavi e plusvalenze elevate a dare un’immagine diversa al tutto. Eppure dieci anni (undici stagioni calcistiche) fa la situazione non era tale, soprattutto per gli aspetti più negativi.

Il peggioramento del quadro generale è palese, a dimostrazione che il sistema calcio non ha saputo fare passi avanti. I ricavi sono cresciuti, ma non quanto i costi: +43% l’aumento del fatturato medio a squadra, +55% quello dei costi medi. La perdita media è cresciuta del 143%, il debito medio è raddoppiato, il patrimonio ridotto all’osso (a dimostrazione che l’epoca dei mecenati è davvero finita).
Nel 2005 solamente l’Inter aveva un rosso pesante: oltre ai nerazzurri nessuno superava il -20, oggi quattro società superano il -35. Dieci anni fa nella massima serie c’erano cinque squadre sopra i 40 milioni di debiti, nel 2015 erano ben nove. E nel frattempo quattro società (Parma, Reggina, Siena e Messina) sono fallite. Un modo di fare calcio che si è rivelato fatale per tante società.
Tra le big, Inter e Milan hanno ricavi molto simili al 2005, sono in rosso, hanno debiti importanti: in pratica, nonostante i successi, non hanno fatto passi avanti. La Lazio quantomeno è riuscita ad abbattere i debiti che derivavano dalla gestione Cragnotti, mentre la Roma è passata da una situazione tranquilla alle difficoltà di oggi. La Juve (che quell’anno vinse lo scudetto, poi revocato) in compenso, nonostante Calciopoli, ha aumentato tutto: ricavi ma anche costi e debiti.
Nel 2004/05 i numeri dei bilanci non erano ancora preoccupanti, ma iniziavano a diventarlo. Il problema? Nessuno se ne è interessato troppo. Nessuna strategia, nè tra le società nè in federazione, per migliorare un prodotto (che ai tempi era di livello già alto, decisamene superiore ad oggi), per espandersi.
Gli altri hanno corso (la Bundesliga ha un fatturato poco oltre i 2 miliardi di euro, la A solo 1,8), l’Italia è rimasta immobile, nonostante comunque il giro d’affari intorno sia aumentato. Vale nel calcio, così come negli altri settori. E questo è il risultato: perdite, debiti e un mondo del pallone che sembra avere tutto tranne che un futuro roseo davanti a sè.

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