Ancelotti intoccabile e Gattuso subito al patibolo? Poca coerenza di molti organi di stampa

E’ iniziata in sordina la crocifissione di Rino Gattuso nella giornata di lunedì 23 Novembre 2020.

Quarant’anni dopo il disastroso terremoto in Irpinia, scoppia l’ennesimo caos (per fortuna meno doloroso) mediatico all’ombra del Vesuvio. Sembra di essere tornati indietro di un anno. Mazze e forconi di stampa e popolo, pronte a scagliarsi contro il tecnico del Napoli. Peccato che questa volta si tratti di Gennaro Gattuso, non proprio uno che si tira indietro.

Sembra di tornare in quel mese di novembre 2019 che tutto era fuorchè un periodo splendente per il calcio a Napoli. Una squadra devastata dall’interno. Gruppi e fazioni di giocatori insoddisfatti del modulo, dei ritiri imposti e addirittura i risarcimenti chiesti dal Presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ai suoi calciatori. Un disastro.
La scorsa stagione però in panchina sedeva Carlo Ancelotti. Il profeta del calcio moderno, uno che ha portato la “Decima” a Madrid e che ha vinto ovunque sia andato. Tranne a Napoli. Parlò di scudetto a luglio, di mercato da 10 ad agosto e a dicembre i partenopei erano a 6 punti dalla zona retrocessione. Buio pesto.

Per rimettere in sesto le cose e portare i tre punti a casa, con l’arrivo di Mister Gattuso, il Napoli ha aspettato fino alla trasferta del Mapei Stadium, con il Sassuolo battuto 1-2 con un autogol rocambolesco di Obiang. Era il 22 dicembre 2019. Giocatori con una condizione atletica pessima, mentalmente devastati da un clima che nessuno aveva pensato di calmare e la piazza in balìa ogni giorno di una novità negativa.

L’ultima partita di campionato con Ancelotti in panchina fu una Caporetto per chiunque segua il Napoli da più di cinque anni. Il Napoli con il 67% di possesso palla, 17 tiri ( di cui 3 in porta) pareggiò 1-1 a Udine. Contro i friulani che brancolavano nel buio contro lo spettro di una retrocessione a soli 3 punti. La squadra da 10 al mercato e che puntava allo scudetto fece fatica persino ad entrare in campo. Il titolare in attacco, al fianco di Mertens era Lozano. Prontamente sostituito nel secondo tempo e mai pervenuto sul rettangolo di gioco.
Eppure nonostante tutta la piazza stia dalla parte del tecnico calabrese, e in massa ha bocciato l’operato del tecnico di Reggiolo, alcuni organi di stampa (prontamente smentiti dallo stesso account ufficiale azzurro) hanno lanciato questi titoli ieri.

C’è da dire anche un’altra cosa: con una situazione quasi analoga, presentatasi il 25 settembre 2019, in occasione Napoli-Cagliari, gli azzurri ancora sotto la guida di Ancelotti fecero di tutto tranne che giocare bene. Solita secca di idee, arenati nel possesso palla infinito e in un’azione che si concludeva con un tiro alto o con la palla persa. La partita finì purtroppo 0-1 per i sardi. Gol di Castro in un contropiede fulmineo, identico ad uno dei quattro gol presi a Torino contro la Juventus venti giorni prima.

Questi erano i dati del match. Doppio dei passaggi, sei volte i tiri degli avversari e 13 corner in più. Una partita dominata sulla carta, che però vedeva già le evidenti lacune della rosa e dei ruoli di ogni singolo calciatore dalla metà campo a salire.

Ciò nonostante, si tendeva a minimizzare il NON operato di Ancelotti. Una cosa che capita a tutti. Peccato che dopo lo stesso Napoli abbia pareggiato a Torino con i granata, pareggiato a Ferrara 1-1 con la Spal ultima in classifica fino ad arrivare alla rapina calcistica subita in casa con l’Atalanta e la lezione presa a Roma dai giallorossi di Fonseca.

Giungiamo quindi alla fine di questa panoramica, dolorosa ma doverosa. Dolorosa da dover ripercorrere, e riportare alla mente bruttissimi ricordi calcistici. Doverosa perché combattere l’incoerenza e la disinformazione è un dovere di tutti i cittadini. Il Napoli di Gattuso merita tempo e critiche costruttive. Le stesse che doveva subire Mr “calcio liquido”, cosa che non ha mai ricevuto per il blasone e il peso della sua parola nelle conferenze stampa.

Non si può fare la voce grossa con un allenatore che ha ricostruito dalle macerie una squadra, capace poi di battere corazzate (così definite dai media) come Inter e Lazio. E battere la Super Juve nella finale di Coppa Italia, dopo un periodo devastante come quello di marzo e aprile. In quarantena e senza giocare per più di due mesi, facendo prevalere uno spicchio di proprie idee da accorpare al nucleo già presente. Un allenatore giovane che ha avuto il coraggio di prendersi tutte le colpe dopo la batosta di domenica sera, che non si è mai appeso alle polemiche sterili come l’arbitraggio, le condizioni del campo e il meteo.

Tutte queste polemiche nascono dopo un periodo transitorio, a cavallo del periodo di trattative per il rinnovo di Mr Ringhio e all’indomani delle dichiarazioni forti come “facciamo troppo i professori dentro e fuori dal campo”. Tutto questo non desta sospetto solo a chi fa finta di non vedere e non sentire. Tutto questo polverone mediatico la piazza di Napoli non lo merita. Ci vuole rispetto per chi nonostante il periodo continua a pagare l’abbonamento al calcio per vedere una partita, pur sapendo che la cassa integrazione tarderà ad arrivare o lo stipendio a fine mese sarà quel che sarà…

Ci vuole rispetto per una persona come Gennaro Gattuso che si è guadagnato la stima dei napoletani. Cosa che il grande Carlo non si è guadagnato ma che è stata imposta alla piazza mostrando il suo palmarès.

Il 24 novembre 1980 la prima pagina del quotidiano “Il Mattino” scriveva a caratteri cubitali “FATE PRESTO” mentre si estraevano i corpi dalle macerie, all’indomani delle spaventose scosse.
40 anni dopo ogni tifoso del Napoli invoca le stesse parole. Per rimettere a posto le cose e rendere questa stagione quanto più memorabile possibile.

Matteo Sorrentino

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