Alla fiera dell’Est, la storia del calcio balcanico

Foto: Il Dolomiti

Conoscere la storia dei Balcani significa scoprire un pezzo di Europa che troppo spesso si tende a considerare lontano ed estraneo. Una regione che negli anni è stata una grande polveriera, conflitti, susseguirsi di etnie, regimi e ricerca dell’identità. E’ questa la terra dei brasiliani d’Europa, dove si è sempre vissuto con grande verve l’amore per il calcio, nonostante le bombe abbiano distrutto strade e campetti.

Il calcio cammina di pari passo con la storia e la politica quando si tratta di paesi balcanici. La Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija fu la nazione unica dal 1945 al 1992, Nazione amante del calcio da sempre, spesso competitiva, quasi mai vincente. Zero titoli a livello di nazionale maggiore, qualche piazzamento di prestigio, una sola competizione importante vinta con i club, la Coppa dei Campioni 1990/1991 firmata dalla Stella Rossa di Belgrado.

E’ tempo di scoprire i grandi calciatori dei Balcani, Serbia, Montenegro, Croazia, Bosnia,  un viaggio tra 10 lingue diverse ma che in campo hanno sempre parlato la stessa.

Dragan Stojković

Potenzialmente, il migliore di tutti. Un talento puro, cristallino, un giocatore di una completezza tecnica spaventosa e una classe con pochi eguali. Con la Stella Rossa sul finire degli anni ’80 era ritenuto uno dei più grandi calciatori europei. Fece letteralmente impazzire il Milan nella Coppa Campioni 1988-1989, la prima dell’era Sacchi, mandando i rossoneri a un passo dall’eliminazione, prima della nebbia che spense le speranze delle Stella Rossa ai rigori. Sliding Doors per Dragan, che passò al Marsiglia preso dalla voglia di vincere la coppa dalle grandi orecchie e finì sconfitto in finale proprio dalla sua ex squadra.

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Davor Šuker

Potenza, tecnica, istinto del gol: Davor Šuker è stato uno dei massimi centravanti del mondo sul finire degli anni ’90, cinque volte calciatore croato dell’anno, stella del Real Madrid campione di Spagna, d’Europa e del mondo tra il 1997 e il 1998. Proprio il ’98 fu il suo anno magico: le sue sei reti nel Mondiale francese spinsero la Croazia – nata da pochi anni dalle ceneri della ex Jugoslavia – al punto più alto della sua storia prima della finale persa nel 2018, al terzo posto finale, in quell’anno solo Zinedine Zidane fece più di lui.

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Predrag Mijatovic

Da Podgorica a Madrid, l’ascesa di un centravanti che si è fatto da solo, uno dei primi fiori sbocciati tra le fila del Partizan Belgrado, 104 partite e 44 gol tra le fila del Parni valjak. Le luci della ribalta in Spagna con l’apice in maglia Real Madrid. Un attaccante definitivo, un po’ atipico per gli standard slavi, perché nei momenti decisivi lui rispondeva sempre presente, andate a rivedervi la finale di Champions League del 1998 tra Real Madrid e Juventus e vedete chi fu a regalare la “Septima” ai blancos. Un amore per la casa blanca che lo ha portato ad esserne DS dal 2006 al 2009 e tutt’ora è uno dei simboli della storia del Real.

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Luka Modric

Unico pallone d’oro balcanico nella storia, è stato colui che ha trascinato il calcio balcanico alla definitiva consacrazione. Ha preso tutto da quella Nazionale di Suker del 98, ha preso altrettanto dal calcio moderno, si è spinto oltre ed ha fatto di più. Rigore e dedizione sono le skills di un calciatore con un palmares infinito, tra cui spiccano le 4 Coppe dei Campioni vinte nel Real Madrid. Regista e trequartista, è un giocatore estremamente elegante che abbina praticità, classe e visione di gioco. Con Zidane, Xavi, Pirlo e Iniesta uno dei primi cinque centrocampisti del dopo Bosman. Luka è forse la stella più splendente della fiera dell’Est.

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Edin Dzeko

Il cigno di Sarajevo, la bandiera della Bosnia, forse la nazione che meno ha dato e che ha eletto Edin suo ambasciatore per le generazioni presenti e future. Lui a cavallo tra gli anni 80 e 90, quando la Jugoslavia era una potenza calcistica era piccolo, sognava i gol e un futuro da top player. Sfido chiunque a 5 anni a ritrovarsi con un pallone sotto il braccio a scappare dalle strade di Sarajevo per mettersi al riparo dalle bombe dell’esercito jugoslavo. Dal candore del cigno di Sarajevo la capitale di quella che dopo tanto sangue divenne la Bosnia, la bandiera della terra di herzeg ha tratto forza e vigore. Il Wolfsburg, il Manchester City ed infine la Roma, quella di Totti prima e di Dzeko oggi, con la quale ha segnato 116 reti nelle coppe europee superando proprio l’ottavo Re di Roma.

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I calciatori nati nella ex Jugoslavia sono lo specchio del loro mondo: talento e individualità, raffinatezza e bellezza, incostanza e indolenza, anarchia e incapacità di fare gruppo, di costruire un progetto coeso e omogeneo ma alla fine quanto ci hanno fatto innamorare questi brasiliani d’Europa.

Ciro Morra

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