2996 morti non fermarono il calcio

La giornata di oggi non è una delle tante dell’anno. È una giornata impressa indelebilmente nella Storia, che il tempo non ha cancellato mai in tutti questi anni e mai lo farà col passare dei secoli. Quel Martedì 11 Settembre 2001 ha segnato un momento cruciale nel mondo e nelle vite di chi quella mattina si stava apprestando ad affrontare una classica giornata settimanale. Tutto si fermò, il mondo era sotto shock, immobilizzato per un evento che colse tutti nel profondo. Nessuno era preparato a ciò, nessuno lo aveva mai neanche soltanto immaginato.
Tutto smise di procedere normalmente abbiamo detto. Tutto tranne il calcio.
Quel Martedì era giornata di Champions League e in serata era prevista l’inaugurazione della fase a gironi della nuova edizione della Coppa dalle grandi orecchie, 2001/2002. In particolare, la partita di cartello era Roma-Real Madrid con un Olimpico sold out.
Per tutta la giornata gli addetti ai lavori valutarono il da farsi. Bisognava prendere una decisione che oscillava tra il rinvio di tutte le manifestazioni sui campi europei oppure la conferma della serata di partite. A dir il vero, la situazione era chiarissima: dopo un attentato terroristico avvenuto soltanto poche ore prima, era impensabile riempire di gente i tanti stadi che quella sera in giro per il Vecchio continente dovevano ospitare gli incontri tra le squadre, come nel caso dell’impianto della Capitale.
La paura era tantissima e anche per i calciatori che dovevano scendere in campo non c’era la serenità necessaria per affrontare i novanta minuti sul terreno di gioco.
Queste le parole di Vincenzo Montella della Roma a riguardo: “La testa non era in campo, non eravamo sereni e nella condizione psicologica giusta per disputare la partita, anche molto importante“.
Sembrava ovvio dover rimandare tutto quel giorno, a maggior ragione una partita di pallone. Eppure non fu così: la Uefa alla fine decise che le squadre dovevano scendere in campo per lo stesso motivo per cui i calciatori volevano il contrario, ossia il mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico. Una scelta che non è mai stata compresa. Sta di fatto che i club di quella Champions League quella sera giocarono a calcio, mentre tutto il resto del mondo era da tutt’altra parte, con la mente sopraffatta dai pensieri e l’inquietudine per un giorno che stava cambiando tutto, togliendo ogni certezza. Sui campi un clima surreale, per nulla paragonabile a quello di questi giorni negli impianti in cui si gioca senza il pubblico causa COVID-19.
Sarebbe stato più giusto dare un segnale al mondo intero. Non era il momento per giocare, siamo scesi in campo portandoci con noi un peso grandissimo“, le parole di Fabio Capello, tecnico dei giallorossi.

Quel giorno di 19 anni fa il mondo si fermò, tranne il calcio.

Marco Falco

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