STORIE DI DIECI: GEORGE BEST IL QUINTO BEATLES


“Era il 1976, si giocava Irlanda del Nord – Olanda. Giocavo contro Johan Cruyff, uno dei più forti di tutti i tempi. Al 5° minuto prendo la palla, salto un uomo, ne salto un altro, ma non punto la porta, punto il centro del campo: punto Cruyff. Gli arrivo davanti gli faccio una finta di corpo e poi un tunnel, poi calcio via il pallone, lui si gira e io gli dico: ‘Tu sei il più forte di tutti, ma solo perché io non ho tempo.” Questo è George Best il funambolo di Old Trafford, tanto genio e altrettanta sregolatezza.

BELFAST BOY
Nascere a Belfast, capitale di quella Irlanda del Nord che di li a poco avrebbe vissuto lo storico conflitto “ a bassa intensità” tra unionisti e nazionalisti non era stato per niente facile. Il dopo guerra è stato da sempre sinonimo di rinascita, di corsa verso la luce, era il 22 Maggio 1945, quando da una famiglia protestante nasce George. La premura, la voglia di indirizzare il figlio verso lidi migliori si scontrava con la spensieratezza di un ragazzino, quel ragazzino che marinava la prestigiosa Grosvenor High School solo perché li si giocava a rugby e non a calcio. Il pallone prese il sopravvento , George dribblava le bombe e le lotte che affliggevano la capitale e i suoi dribbling non passarono inosservati agli occhi di Bob Bishop, osservatore del Manchester United che lo vide e lo portò a Manchester, dicendo a tutti “ vi ho portato un genio” nonostante una gracile corporatura. Un provino per i Red Devils, una speranza per un ragazzino di 15 anni ma la nostalgia è troppo forte, solo due giorni e George “marina” l’Academy dello United e torna a casa, perché a lui mancava la sua città, lui era un BELFAST BOY.

THE THEATRE OF DREAMS
Tornato a casa però la voglia di calcio è troppa, tanta forse e cosi ancora una volta, valigia alla mano e viaggio direzione Manchester per accendere quel sogno. Per lui due anni da fattorino e apparizioni nella squadra riserve che culminano con l’esordio all’Old Trafford, con la prima squadra in FA Cup nella roboante vittoria per 5-1 condita da gol. THE THEATRE OF DREAMS era e doveva essere il palcoscenico perfetto e cosi è stato per il giovane Best che impressionò Matt Busby che si convinse del talento e lo aggregò in pianta stabile in prima squadra. Gracile e bassino, la Premier League di quei tempi cosi come quella di oggi non aveva pietà di quelli come Best, cosi che lo staff dello United cercò di alzare l’asticella e preparare ancor di più Belfast Boy con allenamenti mirati che sarebbero stati poi cruciali per continuare a dribblare gli interventi killer che si consumavano sui campi. Cresce il talento a suon di dribbling, cresce la sregolatezza di un giovane diciottenne che deve caricarsi sulle spalle i suoi sogni e le troppe aspettative ma per un genio nulla è impossibile. Il genio si scrolla di dosso il macigno dei tabloid quando segnò una doppietta nei quarti di finale di Coppa dei Campioni al Benfica, nella vittoria per 5-1 allo Estádio da Luz e valsero alla squadra il passaggio del turno. Da quel giorno, i basettoni e quella folta chioma gli valsero il soprannome di “FIFTH BEATLES”. Il genio illumina e da colore, il colore che arriva per la prima volta sulle prime tv in UK dove nella stagione 1967 arrivò il primo titolo, con la Premier League ma è l’anno successivo quello della vera consacrazione per George. Correva l’anno 1968 e mentre in UK i cugini Citizens vincevano il titolo, George illuminava l’Europa, ne facevano le spese tutti nessuno escluso. Best si abbatteva prima sul freddo gelido e i 105.000 tifosi polacchi del Górnik Zabrze, poi in semifinale contro il Madrid 6 volte vincitore della Coppa dei Campioni ed infine si sostituì in finale alla maledizione di Béla Guttmann contro il Benfica portando lo United sul tetto d’Europa. Solo 22 l’apice, la gloria, coronati dalla vittoria del Pallone d’Oro nella stagione medesima, è questa la lunga corsa verso la gloria di Georgie, nato stanco e distratto dalla vita.

MARADONA GOOD, PELE BETTER…. GEORGE BEST
Dopo il pallone d’oro George seguì l’andamento medesimo della sua amata squadra, piazzamenti a centro classifica, susseguirsi continui di allenatori sulla panchina United ed un Best che era Best a sprazzi. Furono 6 anni bui che si conclusero alla soglia dei 28 anni , La sua ultima partita ufficiale con il club ebbe luogo il 1º gennaio 1974 a Loftus Road contro il Queens Park Rangers e si risolse in una sconfitta per 3-0. Tre giorni dopo non si presentò a gli allenamenti e Docherty lo escluse dalla squadra. Poco tempo dopo Best fu arrestato con l’accusa di aver rubato a Marjorie Wallace una pelliccia, un passaporto e un libretto degli assegni, ma venne in seguito prosciolto da tutte le accuse.A fine stagione lo United, privo di Best, retrocedette in Second Division. “Live Fast, Die Young” è questo il manifesto delle 361 partite in maglia United di Georgie che a 28 anni decise di lasciare “seriamente” il calcio. Virgolettato per il semplice fatto che di li a poco Best tornò a giocare a calcio ma in giro per il Mondo, spensierato e distratto vestendo svariate maglie tra MLS e Scozia per puro divertimento, mai più un anno ad alti livelli. Il professionista fu surclassato dai vizi e dal denaro che lo logorava. Il suo più grande vizio? Sono state le donne e l’ alcol, calcisticamente George aveva un Palmares invidiabile ma anche nel suo palmares da Bad Boy figuravano ben 6 love story con altrettante Miss Mondo. Donne che lo hanno rovinato ma che hanno altrettanto provato a salvarlo, fa specie la sua prima moglie, Angie McDonald che fece di tutto per evitare che l’alcol aggravasse ancor di più la vita di Georgie, ma Best non riusciva trovare la retta via. I gravi problemi al fegato e all’intestino si facevano via via piu gravi e con essi avanzava la depressione. Era il 25 Novembre 2005, George pagò il conto più salato mai visto prima, non era il conto al bancone di un Pub, era bensì il conto della Vita, vita fatta di eccessi, in campo e fuori ed alla fine gli eccessi si pagano e George li ha pagati , lo stesso alcol fu la sua condanna. Da quel giorno riascoltare “ A Hard Day’s Night” dei Beatles ci fa sentire tutti un po’ George Best, di lui resta il genio, resta l’eccesso e la fugace carriera perché MARADONA GOOD, PELE BETTER…. GEORGE BEST.

Daniela Vilani

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