Sono passati 30 anni: Napoli, riprenditi l’Europa League

Giovedì comincerà un lungo percorso europeo cui il Napoli non può in alcun modo sottrarsi. A distanza da quattro dalla semifinale di Europa League contro il Dnipro, decisa sia dall’opportunismo dell’epoca su una crisi internazionale lontano dall’essere risolta, sia dai tentativi maldestri degli azzurri capeggiati da Higuain di trovare di sbrigliare una matassa all’apparenza semplice, la presenza sulla panchina partenopea del Re di Coppe impone alla seconda forza della Serie A di riprovare a conquistare quel trofeo vinto nell’ormai lontano 1989. Allora era denominata Coppa UEFA, l’atto conclusivo prevedeva match di andata e ritorno, la magia di Stoccarda fu dolce e inebriante. Si respirava quasi la stessa area del lo Scudetto vinto due anni prima.

Se la Coppa Italia poteva essere l’occasione per rispolverare una bacheca rimasta inviolata dall’era Benitez – con lui tra l’altro arrivammo in semifinale di Europa League contro gli ucraini di cui sopra –, andata poi in frantumi per mano di un galvanizzato Milan, la seconda competizione europea per club lo è ancora di più. E non è solamente una questione legata alla Serie A che vedrà tra poco l’ennesimo trionfo della Juventus. Per questo Napoli, risorto dalle ceneri nel tremendo inferno della C, sarebbe un altro coronamento di un sogno che passa anche, inevitabilmente dalla qualificazione in Champions League di anno in anno.

Vincere aiuta a vincere, cosa che è mancata negli ultimi anni non in termini di risultati, bensì di trofei. Al gruppo storico con Benitez prima e Sarri poi, è mancato l’uno per fare cento, l’ultimo dettaglio per accrescere ulteriormente l’attitudine nell’affrontare un determinato stress adrenalinico, necessario per compiere l’ulteriore salto di qualità, per superare l’ennesimo e probabilmente decisivo step, che garantirebbe agli azzurri di entrare in una dimensione diversa. Così anche il club, perché presentarsi alla prossima Champions League da campioni di Europa League uscenti assumerebbe altri connotati, certamente un altro sapore.

Ed è ciò che chiede la società: proseguire il più a lungo possibile ad ogni stagione il proprio cammino nelle competizioni continentali, per allenarsi agli appuntamenti cruciali ed entrare nell’ottica dei vincenti, crescere l’appeal del club stesso agli occhi di sponsor e calciatori in chiave mercato. Chiaramente in rosa servirebbero tre-quattro pedine importanti per innalzare il tasso tecnico e l’esperienza di un gruppo forte ma non abbastanza per alcuni palcoscenici; i senatori, per giunta, sono ormai arrivati al capolinea di un ciclo e possono contare solamente sui trionfi dei singoli da comprimari (vedi Albiol con la Spagna e il Real Madrid). Tuttavia il percorso europeo da settembre a dicembre ha lanciato rincuoranti segnali per la squadra di Ancelotti  uno che conosce bene le coppe, in vista di una fase della Europa League – lunga ma essenziale – che non può non inserire il Napoli tra le favorite per la vittoria finale. Inoltre, conquistarla garantirebbe la qualificazione alla Supercoppa Europea di agosto, dato non da poco.

Il 17 maggio 1989 fu un goal di Alemao ad aprire le danze, poi Klinsmann realizzò sugli sviluppi di un calcio d’angolo il momentaneo pareggio. Ferrara, su assist magistrale manco a dirsi di Maradona, riportò i suoi in vantaggio, poi fu Careca a mettere il sigillo finale. Poco importa, se non per le statistiche, se il ritorno finì 3-3: forte del 2-1 maturato al San Paolo, il Napoli conquistò la Coppa UEFA e fu così che divenne realtà la magia di Stoccarda in un altro maggio napoletano. Trent’anni dopo, per la legge dei grandi numeri e per l’opportunità di poterla riportare all’ombra del Vesuvio, gli azzurri possono riconquistare l’ambito trofeo partendo dal doppio confronto contro gli svizzeri dello Zurigo, evitando di snobbarla come lo scorso anno contro un Lipsia che non si dimostrò superiore ad Hamsik e compagni. La finale, infine, sarà a Baku, capitale dell’Azerbaijan, gemellata proprio con Napoli.

 

Andrea Cardinale

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