Calcio, dalla politica la proposta per finanziare gli impianti sportivi: soldi da diritti tv e scommesse

La proposta è stata avanzata durante una seduta della Commissione Cultura della Camera dei Deputati

Gli stadi. Sono loro il presente e il futuro del calcio italiano. Nei principali campionati europei sono già una realtà: impianti sportivi nuovi, all’avanguardia e di proprietà dei club. In Italia siamo ancora all’anno zero con la sola Juventus ad aver costruito una struttura ex novo. Mentre Udinese e Sassuolo sono le sole società ad aver acquistato l’impianto comunale.

Avere uno stadio di proprietà vuol dire per un club aumentare il proprio fatturato e per un tifoso di usufruire di servizi unici. La gestione esclusiva di un impianto può consentire ad una società sportiva di promuovere strategie commerciali e di marketing in grado di agire su due aspetti: finanziario e sociale.

Sul primo, perché aiuterebbe a riempire le casse del club. Sul secondo perché invoglierebbe giovani, anziani e famiglie a riempire gli spalti. Non solo, uno stadio moderno e innovativo diventerebbe un luogo sempre aperto con attrazioni e intrattenimenti che possono accogliere tifosi e turisti non solo quando c’è la partita. Senza considerare le opportunità urbanistiche di cui potrebbe giovare il quartiere nel quale sarebbe realizzato il nuovo impianto.

La Commissione Cultura della Camera dei Deputati, presieduta da Andrea Abodi, si è riunita lo scorso 3 aprile con un ordine del giorno molto preciso: sviluppare una mappatura dell’impiantistica sportiva italiana. Questo lavoro di ricerca consentirà alle istituzioni di rendersi conto della triste realtà di molte regioni italiane dove le strutture sportive, sia a livello professionistico che studentesco, sono fatiscenti e poco adeguate alle sfide che il nostro Paese dovrà affrontare in futuro.

La Commissione dovrà avanzare una proposta al Governo e al Parlamento sul come poter consentire uno sviluppo di queste infrastrutture sportive. Ormai è chiaro anche alla politica (meglio tardi che mai): l’Italia non può restare indietro rispetto al resto del mondo su questo tema. Significherebbe continuare a perdere in partenza una sfida economica e sociale determinante.

Ma per consentire un piano finanziario del genere è necessario anche trovare dei fondi (oltre a quelli privati). Lo Stato potrà farlo fino ad un certo punto, considerato l’enorme debito pubblico italiano. Ecco allora la cara e vecchia via delle tasse. La Commissione ha infatti ipotizzato di destinare a questa iniziativa una percentuale dei ricavi che sono ottenuti dai diritti televisivi e dalle scommesse. Non proprio una cattiva idea ma come tutte le nuove proposte, saranno necessari studi di fattibilità dettagliati, per non rischiare di restare colpiti dopo aver attraversato un campo minato come questo.

Andrea Aversa

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